Con la proposta di limitare l’intervento del nuovo fondo salva Stati Ems ai problemi futuri delle banche europee e non a quelli attuali, i cosiddetti “falchi della zona Euro” (Paesi a tripla A) rischiano concretamente di vanificare mesi di meeting e sforzi internazionali per uscire dalla crisi e di spaccare definitivamente l’Europa in due. Ma a Bruxelles, i colpi di coda e non solo, di Germania, Olanda e Finlandia non sono di certo una novità.

In un vertice esclusivissimo tra i tre ministri delle finanze tedesco, olandese e finlandese tenutosi vicino Helsinki, i falchi hanno inserito tra le quattro clausole per loro essenziali all’effettiva entrata in vigore del nuovo meccanismo Ems, la possibilità d’intervento solo per i problemi bancari futuri, mentre quelli passati e attuali restano responsabilità dei rispettivi governi nazionali. Il che, tradotto in soldoni, vuol dire che Grecia, Spagna e Irlanda se la devono vedere da sole. 

La clausola dovrà adesso essere discussa a Bruxelles e soprattutto alla prima riunione effettiva del board del fondo EMS, guarda caso presieduto da un tedesco, Klaus Regling. Ma di sicuro non si tratta del primo stop imposto dai falchi dell’eurozona, in primis dalla Germania, al salvataggio dei Paesi in difficoltà, in primis la Grecia. Le due tranche da 110 e 130 miliardi di euro concessi ad Atene (a loro volta arrivati in tranche vincolate a precise riforme monitorate dalla Troika, composta da Ue, Bce ed Fmi) sono arrivate con non poche difficoltà visti i freni e cavilli sollevati da Berlino in sede di vertici europei. La Germania, per bocca del suo ministro alle finanze Wolfgang Schäuble si è addirittura intromessa nelle elezioni greche dello scorso giugno sconsigliandone lo svolgimento perché “inopportune” in quel momento.

Da parte finlandese, piccolo Paese dell’estremo nord con nemmeno 5 milioni e mezzo di abitanti ma dalla solida economia e dai conti in ordine, si è arrivati addirittura a proporre a più riprese di “ipotecare le isole greche” e “il Partenone” a pegno degli aiuti internazionali concessi ad Atene. Con minor accanimento ma altrettanta decisione, Helsinki ha subito chiesto che anche la Spagna firmasse un Memorandum of Understanding (lista di riforme che un Paese si impegna a realizzare propedeutica agli aiuti) per ricevere i 100 milioni di euro chiesti a Bruxelles per salvare Bankia, il quarto istituto di credito del Paese. Il maggior peso diplomatico spagnolo rispetto alla Grecia, ha tuttavia frenato la Finlandia dallo spingersi oltre, nonostante il peso dei True Finns (partito estremista ed anti europeo) si faccia sentire eccome.

L’Olanda dei tre Paesi gioca la parte del poliziotto (più) buono. All’ultimo vertice dell’Eurogruppo a Nicosia (Cipro) il ministro olandese delle finanze Jan de Jager si è limitato a dire che la Grecia “non è molto credibile” e che se non riuscirà a rispettare gli obiettivi di deficit “si può valutare di concederle più tempo ma non più soldi”. Meno male che alle ultime elezioni di inizio settembre gli estremisti euroscettici di Geert Wilders sono usciti sconfitti, se no i toni sarebbero stati ben diversi.

Purtroppo di fronte a tanta durezza, la condotta del Sud non aiuta. I livelli astronomici di corruzione e clientelismo in Grecia, che fino all’ultimo minuto prima del tracollo sosteneva che tutto andasse bene forte di bilanci completamente truccati, e la speculazione edilizia spagnola gonfiata ed incentivata anche dal governo di Madrid (prima Aznar poi Zapatero) non si prestano a stimolare la solidarietà del Nord.

Eppure proprio questo è uno dei punti. Pier Luigi Bersani in un recente incontro a Bruxelles, a proposito dell’origine e del perpetuarsi della crisi economica, ha parlato di “smarrimento della solidarietà europea”. Che per una volta il segretario PD avesse davvero ragione?

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@AlessioPisano

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