A prima vista, sembra l’invito per la Vogue fashion’s night out di Roma. Gli organizzatori promettono montagne di vestiti, musica e un set fotografico. Poi, guardando meglio, ci si accorge che nel volantino pubblicato su Facebook manca Vogue. E che la Fashion’s night out del 30 settembre è firmata Re(d) Cycle.

I patiti del lusso, probabilmente, non l’avranno mai sentita nominare. Re(d) Cycle non è una griffe, ma il nome di una sartoria del quartiere della Garbatella, a Roma. Con la moda ha un legame di parentela simile a quello tra due cugini di terzo grado. Il campo è lo stesso. Le modalità di realizzazione sono opposte.

Il volantino della Fashion's night out di Roma

Re(d) Cycle è nato meno di un anno fa da un’idea di tre amiche, Simona, Radka, e Martina. L’unica ad avere esperienza di taglio e cucito a livello professionale era Radka, 35. Martina, 39, faceva la scenografa e cuciva a casa per hobby. Simona, 40, lavorava nel campo della comunicazione e, da tempo, cercava il modo di soddisfare una «vecchia fissa». Nel 2005 era rimasta affascinata dalle iniziative di Serpica Naro, il collettivo di precari della moda e della comunicazione (il nome è l’anagramma di San Precario) che, fingendosi una designer anglonipponica, beffò organizzatori e marchi delle sfilate milanesi e si esibì sulle passerelle della Settimana della moda di Milano. Non avevano denunciato solo la loro condizione di sfruttati e invisibili, ma «avevano mostrato che esiste un’altra maniera di fare moda», dice Simona.

Con questo obiettivo in testa, a novembre 2011 le tre amiche si sono iscritte al Bando delle idee dell’XI municipio di Roma. Hanno vinto il finanziamento proponendo un corso di formazione gratuito sulle tecniche del cucito e sui modelli sartoriali riservato a otto ragazze sotto i 30 anni. Con una clausola: le uniche materie prime da utilizzare sarebbero stati abiti e accessori usati. Le allieve, tutte studentesse provenienti dai campi più disparati – dalle lettere al videomaking – avrebbero imparato a modificare e a creare con l’usato qualcosa di nuovo.

Una creazione di Re(d) Cycle

Appesi, nel piccolo laboratorio della Garbatella, si vedono ancora i pantaloni che al corso qualcuno ha trasformato in un coprispalle. Un’altra gruccia tiene in forma un top ricavato da un foulard e, un’altra ancora, sostiene quello che Martina e Simona definiscono «l’abito medievale», una specie di camicia da notte a maniche lunghe, molto accollata, frutto di un esperimento non riuscito. «Il resto – spiega Simona – è stato venduto» alla sfilata del 14 aprile scorso che ha chiuso il progetto legato al bando. Dopo quella passerella Re(d) Cycle ha deciso di continuare a occuparsi di moda. Le stiliste si sono ridotte a nove, sei ex aspiranti e le tre organizzatrici. L’obiettivo, ora, è produrre per la vendita (con prezzi dai 10 ai 70 euro), sempre all’insegna del riciclo, dell’invenzione e della condivisione.

D’altronde, «la moda è un ingranaggio collettivo», è scritto sul biglietto da visita del gruppo. Che dice di non amare le sfilate perché sono una vetrina per le grandi firme e propongono una creatività filtrata dal marketing e dalla standardizzazione. «Il nostro nemico non è Vogue – precisa Martina – a tutti piace lo stile e a tutti piace vestirsi. Noi, però, lo vogliamo fare in maniera diversa. Con rispetto nei confronti delle persone» che ci lavorano e dell’ambiente. «Anche quando vesto i miei figli cerco di trasmettere loro un concetto di gioco, perché l’abito non è commerciale, ma è creativo» e niente passa di moda se si impara a personalizzarlo. «Alla fine è questo il senso del nostro progetto» e della Fashion Night di fine settembre. «A chi verrà a trovarci diremo: “Prova tutto quello che ti pare e crea il tuo stile”» senza inibizioni. Poi, se un giorno Vogue vorrà aprire la sua notte anche alle stiliste dell’usato, Re(d) Cycle sarà felice di essere presente. 

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