Il Fondo Monetario ha pubblicato un interessante paper che analizza 26 casi, dal 1875 ad oggi, di paesi con debiti pubblici pari o superiori al 100 per cento del Pil. Lo studio analizza le strategie seguite nei vari casi per ridurre il debito pubblico e cerca quindi di suggerire delle possibili lezioni.

Tra i casi più interessanti vi è la Gran Bretagna che dopo la Prima guerra mondiale aveva accumulato un debito pubblico pari al 140% del Pil (1918). Il governo britannico aveva dichiarato di voler assolutamente ripagare il debito e di riportare la sterlina al suo valore pre-guerra rispetto all’oro. Si adottarono politiche severissime di risanamento fiscale e monetarie restrittive e si raggiunse un avanzo pubblico pari al 7 per cento del Pil, nello stesso tempo la Banca d’Inghilterra alzò i tassi ufficiali. La Gran Bretagna precipitò in una grave recessione, si ebbe deflazione (prezzi in diminuzione) con il risultato che i tassi reali salirono ulteriormente. Il Pil quindi diminuì per molti anni e il rapporto tra debito e Pil invece di diminuire (come desiderato dalle autorità di politica economica) aumentò al 170% nel 1930 e al 190% nel 1933. L’avanzo primario in questo caso era stato bruciato dai tassi d’interesse in aumento e dalla caduta del prodotto interno lordo.

Lo studio del Fondo monetario suggerisce quindi che:

a) Le misure di consolidamento fiscale debbano essere accompagnate da politiche si sostegno alla crescita – politiche monetarie espansive ad esmpio, che facciano scendere i tassi d’interesse, che accrescano la liquidità nel sistema e favoriscano gli investimenti e la domanda; svalutazioni del cambio che rendano più competitive le esportazioni.

b) La riduzione del debito è maggiore nei casi in cui le misure fiscali sono permanenti. Il Canada e il Belgio ad esempio hanno avuto più successo dell’Italia degli anni ’90 a realizzare misure permanenti e non una-tantum per abbattere il debito.

c) Il risanamento fiscale e la riduzione del debito richiedono tempo. Solo dopo le guerre si riesce a volte a tagliare drasticamente la spesa pubblica (militare) e quindi ridurre il disavanzo e il debito pubblico in poco tempo. In generale, le politiche di consolidamento fiscale possono essere realizzate nell’arco di vari anni. Serve costanza, e una condizione bi-partisan dell’obiettivo tra maggioranza e opposizione. Altrimenti un governo di diverso colore rischia di annullare tutti gli sforzi di risanamento messi in atto dal governo precedente.

Quello che stiamo facendo in Europa non sembra quindi seguire in pieno questi insegnamenti. L’austerità da sola rischia di portare vari paesi verso una spirale viziosa e pericolosa. I tagli e le maggiori tasse hanno effetti recessivi (in Grecia, in Spagna, in Italia sta avvenendo questo) che possono far aumentare il rapporto tra Debito e Pil e portarci verso il collasso. La Bce dovrebbe avere più coraggio e seguire politiche di quantitative easing, di maggiore espansione. Ma anche i governi nazionali dovrebbero adottare un mix di politiche che siano di tagli della spesa pubblica ma accompagnate da misure volte alla crescita economica.

Può un governo in carica per pochi mesi ancora avere questo coraggio? In fondo a Monti e al suo governo è stato chiesto di evitare con rapidità la catastrofe. Ora però è il momento di pensare al medio termine e di capire che non basta solo tagliare e aumentare le tasse.  Ma cosa accadrà da aprile 2013 in poi?

Molti osservatori e investitori internazionali hanno paura che dalle urne possano uscire soluzioni di grande instabilità: una maggioranza risicata; alleanze di governo strampalate; o peggio un risultato indefinito. Il centro-destra è in ebollizione. Sulle ali estreme si addensano forze che minacciano referendum sull’euro o contro le riforme appena realizzate. Il centro è ancora indefinito. La sinistra riformista oscilla tra aperture verso politiche riformiste e ritorni alla vecchia ricetta di aumento della spesa pubblica e del debito. Il tempo rimasto è breve.

Anche per questo Monti dichiara di essere pronto per un secondo mandato, dopo le elezioni, naturalmente.

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