La finanziaria francese, prevista per l’anno prossimo e che il Parlamento dovrà vagliare (i socialisti dispongono della maggioranza assoluta: lo dovrebbe essere tale e quale), è una finanziaria di sinistra. Laddove “di sinistra” vuol dire che un Paese, economicamente in difficoltà e con un deficit pubblico superiore a quello italiano, da riportare urgentemente al 3% già l’anno prossimo, andrà a pescare nelle tasche dei più ricchi. E, a livello delle aziende, nelle casseforti dei grandi gruppi più che delle piccole e medie imprese.

Vale la pena di passare in rassegna alcune delle novità di Hollande, tenendo il pensiero sulle scuse di Roma per non introdurre una patrimoniale, sul fatto che sia impossibile non colpire il ceto medio (soprattutto medio-basso).

Tassa extralarge per i super ricchi. Era stata una delle promesse del Presidente socialista in campagna. Poi, negli ultimi mesi si era detto che se la sarebbe rimangiata. E invece no, eccola come previsto: per ogni quota eccedente il milione di euro di reddito annuo lordo (esclusi i redditi da capitale) si applicherà (ma solo per il 2012 e il 2013, in qualità di “contributo eccezionale di solidarietà”) un’aliquota del 75%. In Francia il pagamento delle tasse avviene a livello del nucleo familiare: quindi, quel milione è il risultato della somma dei redditi dei vari componenti della famiglia.

Irpef più alta per i più abbienti. Non solo i super ricchi, ma anche i “semplici” ricchi e il ceto medio-alto dovranno fare la loro parte. Una premessa: il reddito familiare in Francia viene scomposto in “quotient”, quozienti. Ad esempio, una coppia con due figli minori vale 3 quozienti. Per ognuno di questi che superi i 150mila euro lordi annui, si applicherà un’aliquota del 45% (era finora del 41%).

Sgravi di base per i redditi più bassi. Viene ridotta l’imposizione sui redditi più bassi. Da questi si sottraeva finora una quota di 439 euro, non tassati. La quota è stata portata a 480 euro: un regalo ai più bisognosi in un momento, invece, in cui si deve fare cassa.

Un’imposizione progressiva sulle rendite finanziarie. Questa è forse la misura più rivoluzionaria. Sui dividendi azionari e gli interessi incassati da investimenti finanziari, i francesi pagavano rispettivamente il 21 e il 24%: tutti indistintamente. Dall’anno prossimo, invece, si applicherà la stessa alquota dell’Irpef. Insomma, i ricchi pagheranno di più, fino a un massimo del 45%. Come dire: un’imposta “democratica” e progressiva sulla finanza. Lo stesso dicasi per le plusvalenze mobiliari, incassate con la vendita di azioni: finora l’aliquota era del 19%, adesso dipenderà da quanto uno guadagna… Infine, imposte anche sulla vendita delle stock-options, attualmente esentasse.

Patrimoniale sempre più salata. Questo tipo di tassa in Francia esiste e non è una sorpresa. Ma Nicolas Sarkozy, il predecessore di Hollande, l’aveva alleggerita con una serie di novità, varate nel 2011. La nuova finanziaria, però, fa piazza pulita di tutte queste riduzioni. La patrimoniale ritorna quella che era. E cioé: si paga per ogni patrimonio (comprende sia quello immobiliare che mobiliare) che superi 1,31 milioni di euro, con aliquote ai livelli più bassi dello 0,5% e poi dell’1,5. Da sottolineare: sul patrimonio immobiliare già tutti pagano un “salato” equivalente dell’Imu, al quale la patrimoniale va ad aggiungersi.

Grandi aziende nel mirino. L’imposizione sulle imprese è stata cambiata con la prospettiva di non penalizzare le piccole e medie imprese (Pmi). Ad esempio, finora potevano essere dedotti dalle tasse tutti gli interessi pagati sui mutui e prestiti contratti. Ora, invece, questo non sarà più possibile oltre i tre milioni di euro, “colpendo” in un certo senso le multinazionali.

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