Il più significativo cambiamento sociale e culturale che abbiamo avuto a partire dagli anni 60/70 è stato l’esaurirsi della figura tradizionale di “paziente” e il sorgere di un nuovo malato che io chiamo “esigente”. Cioè uno che è cosciente dei suoi diritti, che va su internet per curarsi, che contratta con il proprio medico la sua cura, che porta il medico in tribunale quando è danneggiato, che chiede alla medicina di fare miracoli e al medico tutto e di più, che si fa influenzare dall’enorme processo di medicalizzazione del mercato dove yogurt e materassi diventano praticamente  farmaci. L’esigente è un figura molto controversa e contraddittoria ma è anche il vero protagonista in sanità della post-modernità. Il paziente coincide con l’organo, cioè è un mucchietto di cellule, con la malattia, con la sudditanza verso il medico, con il beneficiario che riceve carità pubblica, l’esigente invece è una persona, è un malato, un contraente sociale, che vuole relazioni per decidere.

Questo storico cambiamento ha completamente sparigliato i rapporti tradizionali tra medicina e società, ciononostante ancora non si è riusciti ad ispirare nessun serio ripensamento, a parte i soliti discorsi sull’umanizzazione. Gli esigenti in sanità continuano ad essere concepiti, visti, pensati e trattati come pazienti. La maggior parte dei problemi di umanizzazione, di contenzioso legale, i comportamenti opportunistici degli operatori, e non solo, nascono da questo equivoco.

A questo modo superato di considerare il malato corrisponde una modo altrettanto superato di considerare gli operatori. Se alle malattie corrispondono i pazienti, al lavoro corrispondono i compitieri, cioè coloro che in cambio di una retribuzione svolgono compiti predefiniti con norme, profili, mansioni, ruoli, linee guida, protocolli, algoritmi, procedure. Lavatrici intelligenti (trivial machine) rese ancor più trivial (banali) da quando i limiti economici hanno cominciato a condizionare pesantemente la clinica.

Il guaio enorme è che esigenti e compitieri non possono andar d’accordo, perché i bisogni di salute e di cura del primo rientrano solo in parte nei compiti dell’altro, cioè non sono facilmente riducibili a una definizione burocratica di lavoro. Esiste uno scarto. L’esigente chiede personalizzazione, creatività, impegno, capacità relazionali, preparazione scientifica, codecisionalità, autonomia di giudizio, senso… chiede cioè all’operatore di ripensarsi come autore, professionista ben preparato che in cambio di auto-nomia si rende disponibile a dare re-sponsabilità. Cioè ad avere delle relazioni e a decidere il da farsi nelle relazioni, a mettersi in gioco nelle relazioni. Auto-re per l’appunto.

L’autore è una idea  nuova di operatore, è colui che riabilita il principio “scienza e coscienza” dove la coscienza include sia le preoccupazioni etiche che quelle economiche. E’ colui che viene pagato non solo per i compiti che svolge ma anche per l’impegno che mette nel proprio lavoro. L’autore vale, da ogni punto di vista, più del compitiere: produce salute, quindi ricchezza, si preoccupa di ridurre l’anti-economicità che si accompagna al modo di svolgere il suo lavoro, e per questo andrebbe pagato come si deve. Se un medico fosse un autore non avrebbe bisogno di fare la libera professione intramoenia.

In trenta anni abbiamo fatto ben 5 riforme della sanità, ma nessuno mai ha ritenuto che in ragione dell’esigente si dovesse ripensar il compitiere. Sono trenta anni che ripensiamo le forme di governo, le organizzazioni, che tagliamo il sistema, che tassiamo i cittadini, che inseguiamo le compatibilità, ma senza mai ripensare il lavoro quale paradigma come se fosse una variabile indipendente dal mondo. Abbiamo fatto il federalismo, i tagli lineari, i patti per la salute, i piani sanitari, ma gli operatori sempre compitieri sono rimasti. Abbiamo fatto le aziende (vedi post precedente) e i compitieri sono diventati più compitieri di prima. E gli esigenti più pazienti di prima. Non si cambia nulla in sanità se non si riparte dal lavoro e se non riconosciamo il cittadino come un co-autore di salute.

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