Novella musa per Antonello Venditti in versione Italo Svevo, ha ispirato versi e musiche de “La coscienza di Zeman”.  “Sono corteggiato da destra e sinistra – parole di Zdenek, boemo ribelle – ma la politica deve restare fuori dal calcio. Troppa finanza”. Loquacità disinteressata, nonostante rettifica postdatata del presidentissimo Abete (“chiarito tutto, è politica sportiva”) e l’infelice spartiacque del separatismo da tifo, “ha ragione Zeman perché è della Roma, no, ha torto Zeman perché è della Roma, già sponda Veltroni, ora Alemanno, controllata Unicredit”.

Inutile mentire, sapendo di farlo: calcio e politica binomio perfetto (con variante borsistico lobby finanziaria) è realismo puro, dal campo alla “discesa in campo”. L’ultimo della lista è l’ex pallone d’oro Andriy Shevchenko, in concorso a Kiev nelle elezioni legislative d’ottobre con Avanti Ucraina. Forse perché entrambi con pedigree berluscones rossonero (quando si dice: l’allievo supera il maestro!), prima di Sheva già George Weah aveva tentato l’avventura nelle presidenziali della Liberia.

Ma oltre e prima di Silvio, la lista è lunga, perché calcio e politica, un po’ come in America la partitica fa con i divi di Hollywood, vivono un rapporto magnetico, strettissimo, di reciproca attrazione, tra fama, consenso, populismo e popolarità facile: Massimo Mauro, oggi opinionista Sky già Napoli, Juventus, Udinese e Catanzaro, nella XIII legislatura si è accomodato in transatlantico nei banchi de L’Ulivo. Come lui Luigi Martini (ex Lazio e An-Pdl), Dino Viola (presidentissimo Roma tricolore e senatore Dc andreottinana) e Achille Lauro (armatore patron del Napoli, sindaco partenopeo e quattro legislature alla Camera), mentre Gianni Rivera (ex golden boy della stella milanista) Dc-L’Ulivo a Montecitorio, Parlamento Europeo e giunta capitolina Veltroni, è stato persino Sottosegretario di Stato alla Difesa.

C’è poi la declinazione televisiva, inquadrature da immagini forti: Sandro Pertini ai trionfali Mondiali di Spagna ‘82 ha aperto la strada a Giorgio Napolitano, già Berlino 2006 ed Euro 2012. A favore di telecamera, presidente Della Valle accanto, c’è oggi il fiorentino Matteo Renzi, rottamatore in campagna per le primarie del centro-sinistra, telegenico come l’altro sindaco Luigi De Magistris di “abbiamo scassato”, braccialetto arancione negli spalti vip dell’azzurro San Paolo.

L’intervento dello Stato nella sfera dello sport ha diverse forme a seconda dei regimi politici che governano – scrivono gli accademici Antonio Papa e Guido Panico nell’illuminata ‘Storia sociale del calcio in Italia” – Nei paesi liberaldemocratici ci si limitò a sostenere e coordinare l’associazionismo sportivo. Nei regimi autoritari o totalitari, lo sport fu direttamente coinvolto dal potere politico”.

Se Josè Mourinho (quello del “Zeman, chi? Non lo conosco….), una volta disse che “chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”, evidentemente politically football è il quid che manca. Questione di feeling, politicamente corretto.

Articolo Precedente

Calcio, il prefetto rinvia Cagliari-Roma, dopo la “chiamata” di Cellino ai tifosi

next
Articolo Successivo

Valencia affossato dai debiti: Bankia sospende la costruzione dello stadio

next