Vuoi diventare professore universitario? Scegli bene dove pubblicare i tuoi articoli. E’ scoppiata la polemica sul concorso per l’abilitazione scientifica nazionale dei professori universitari e sulle scelte dell’Anvur, l’Agenzia per la valutazione del sistema universitario e della ricerca voluta da Fabio Mussi e poi istituita da Mariastella Gelmini e già colpita da ritardi, ricorsi e polemiche. Il 20 settembre, con diverse settimane di ritardo, l’Anvur ha pubblicato le liste delle riviste scientifiche che verranno ritenute valide per calcolare i punteggi che i candidati devono raggiungere per poter essere abilitati a diventare professori universitari, ovviamente se e quando gli atenei assumeranno nuovi professori. Infatti solo i saggi e gli articoli pubblicati nelle riviste incluse nelle liste saranno ritenuti di profilo scientifico adeguato.

Scorrendo le liste per le aree cosiddette “non bibliometriche”, cioè le discipline umanistiche, storiche, giuridiche e le scienze sociali, si trovano però molte sorprese. Secondo le linee guida della stessa Anvur le riviste devono essere di tipo accademico, dotate di comitato scientifico, e per ovvi non sono da includere quotidiani, settimanali, riviste divulgative o bollettini. È naturale: per dimostrare di essere un buono storico un ricercatore dovrebbe pubblicare saggi su una rivista specializzata e sottoposta al controllo di altri esperti del settore, e non su un mensile che va in edicola e scritto per il pubblico generico.

Eppure le liste Anvur, subito spulciate dai diretti interessati di Return on Academic Research, sono piene di giornali e riviste che non hanno nulla di scientifico. Il risultato è tragicomico e sembra avere poco a che fare con lo sbandierato “merito”. Per esempio, pubblicare un articolo su FFwebmagazine, cioè il bollettino online della finiana fondazione Fare Futuro può valere un posto nel settore delle scienze giuridiche. Scorrendo un po’ la lista compaiono nomi di altra levatura: per esempio, la Harvard Law Review. Ma anche i giuristi che si sono limitati a pubblicare sul meno prestigioso giornale dell’arcidiocesi di Udine, La vita cattolica, possono stare tranquilli: sono nella lista, così come coloro che hanno pubblicato saggi su Il commercialista veneto.

Il settore delle “Scienze dell’antichità filologico-letterarie e storico-artistiche” comprende invece chicche come Etruria Oggi, house organ della Banca Etruria, Il Mattino di Padova, e persino Airone, sì proprio la rivista Airone, noto luogo di dibattito filologico e artistico di altissimo profilo accademico. Chi volesse concorrere per l’abilitazione nel ramo ingegneristico avrà a disposizione riviste di profilo scientifico altrettanto elevato, come Yacht Capital, che si autodefinisce “magazine di costume e life-style che ospita anche interviste esclusive e incontri con i più illustri esponenti di questo prestigioso ambiente, personalità di spicco della finanza e dell’industria con la passione per il mare”. Certo, anche chi ha pubblicato un saggio sull’International Journal of Automotive Technology and Management può usarlo per far salire il proprio punteggio, ma sai la fatica?

Le liste sono state stilate inserendo le riviste segnalate da chi professore è già, cioè dai docenti universitari già in ruolo. Tuttavia l’Anvur aveva il compito di controllare e validare le riviste per dar vita a liste credibili. Infatti da un lato l’inclusione di queste testate significa che il corpo docente universitario è composto anche da professori che ritengono meritevole ai fini accademici pubblicare su Cittadini dappertutto, o La rivista del clero italiano (che sostiene di mirare a “alimentare un sapere della fede cristiana radicato nella fede evangelica”). Ma oltre a questo problema c’è il sospetto che includere queste testate rischi di favorire candidati che sarebbero esclusi da una valutazione seria ma che magari fanno parte di questa o quella cordata o parrocchia.

Twitter: @adelfanti

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