La crepa è comparsa alla vigilia della maestosa festa del santo patrono, alla cui processione la folla assiepata lo acclama e gli conferma devozione. E lui, il conducator, segna con una gragnuola di colpi in cemento armato l’opera amministrativa lunga un anno. Realizzazioni importanti e altre minori. Tutte svolte nel brevissimo respiro dei dodici mesi. Meglio di lui, nessun altro.

Quest’anno, per l’appunto, Vincenzo De Luca, il più rilevante esponente del fascio-comunismo italiano, dittatore idolatrato e amministratore ventennale della città, doveva consacrare all’onore di San Matteo l’immortale realizzazione: la piazza della Libertà, segno visivo più grande del Plebiscito dell’odiata Napoli, con colonne doriche e un edificio aperto a curva sul mare. “Qualcosa che sia il nostro Colosseo“, modestamente annunciò. E qualcosa che potesse anche raccogliere in un secolo lontano da venire le sue ceneri: “Mi piace immaginare l’urna al centro di questa piazza”, disse sforzandosi di immaginare la vita di Salerno senza di lui.

Video – De Luca: “Verrà gente da tutto il mondo a vedere la piazza”

Il male ha però vinto sul bene. Da qui la notizia clamorosa salutata su Facebook dall’unico gruppo di opposizione politica, I figli delle Chiancarelle (nella versione inglese United sons of Chiancarelle), come l’anticipo della defenestrazione prossima ventura del Capo supremo. In effetti qualche settimana fa i tecnici hanno notato una crepa della piazza rialzata di cinque metri rispetto al livello stradale (per ospitare in pancia negozi e altri locali di grandissima fattura). La fessura, prima micro, è divenuta presto macro. Troppo macro. E negli approfonditi e dolorosi esami diagnostici che sono seguiti, gli strutturisti hanno decretato che un po’ tutto stava crepando e quasi mezza piazza sprofondando. Cinquecento metri quadri da abbattere, forse anche ottocento, “ma sia chiaro, neanche un soldo a spese della collettività”, ha comunque garantito un sorpreso e quasi afflitto De Luca.

Il default ingegneristico ha completato, nella lista dei cattivi segni premonitori, il già decaduto tasso di portanza amministrativa del sempre efficientissimo sindaco, giacché pure i trasporti pubblici stavano denunciando bizzarri comportamenti. Il consorzio dei trasporti, di cui Salerno è socia, non paga gli stipendi agli autisti. E dunque anziani e giovanetti a piedi, per una bella passeggiata mattutina. Tra parentesi altri minori segnali: due fontane, simbolo dell’amore del sindaco per i giochi d’acqua (da qui l’antico soprannome dei supporters per Vicienz ‘a funtana) sono state demolite. Troppo vento e troppa acqua in faccia ai pur plaudenti passanti. Sconfortante per De Luca anche l’analisi sulla situazione finanziaria del municipio. Secondo i colleghi del Sole 24 Ore la città sarebbe indebitatissima. “Sono degli idioti questi giornalisti”, ha comunicato De Luca dallo scranno della municipalità, la poltroncina dell’emittente Lira tv da cui al venerdi pomeriggio annuncia opere e consegna punizioni ai ‘cafoni’.

Di limpida educazione comunista, studi di filosofia, letture di Kant, conoscitore di Marx, il nostro ha conosciuto negli anni della maturità una consistente devianza lessicale che accomunata a uno spiccato senso del manganello ne hanno fatto personaggio di grandezza nazionale. Dialogante con i cittadini, “ho detto ai teatranti di Salerno, voi siete delle pippe, con chi vi confrontate”, partecipe delle ansie, “questa è una città di imbecilli, e la principale testimonianza di imbecillità e di cafoneria è nelle redazioni dei giornali locali. Io lancerò la lotta di liberazione dai cafoni”. Ospitale con gli immigrati, “io smonto dei campi rom e me ne frego di quella gente dove va a finire. Li prendo a calci nei denti, il cielo stellato ce lo godiamo noi”.

Il lessico ha convinto D’Alema e dopo di lui ogni segretario del partito, prima diessino e poi democratico, a trovare un punto d’accordo, e raccogliere, benché De Luca issasse la bandiera di leghista del sud, i suoi voti. E la città lo ha acclamato per decenni, condotto in trionfo e gli ha concesso libertà uniche. “Il Crescent, questa mastodontica piazza della Libertà, è un mostro architettonico, uno sfregio immane all’identità del territorio”, dice Pierluigi Morena, presidente locale di Italia Nostra. In effetti la Soprintendenza non è riuscita neanche a formulare un parere rifugiandosi nella tecnicalità del silenzio-assenso. Ha cioè fatto trascorrere inutilmente il periodo entro il quale poteva, anzi doveva esprimersi.

L’ignavia della società civile, la collusione dei ceti professionali, la connessione di quelli produttivi, l’efficacia comunicativa del sindaco fasciocomunista, hanno fatto sì che la città si ritrovasse felicemente dominata. Ignava e inerme. “Cementificatore come nessun altro, ha permesso ai palazzinari di costruire ventimila nuovi vani in una città che nello scorcio di un quarto di secolo ha perso trentamila abitanti, quattro porti in quattro chilometri di costa e porzione rilevante del sottosuolo. Ma nessuno fiata” annota Alberto Cuomo, docente di architettura e isolato contestatore.

Salerno è divenuta negli anni epicentro di opere, perché innegabile è l’aspetto ingentilito che le ha concesso una rinnovata qualità del vivere, e di male parole, di offese indicibili e ha tradotto la politica nel supplizio delle idee. De Luca ha edificato il suo partito e trasformato i dirigenti in consulenti, assistenti, amministratori. Tutto nelle sue mani. Poi è comparsa la crepa.

da Il Fatto Quotidiano del 19 settembre 2012

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