Il nostro abbigliamento, il taglio di capelli, il modo in cui parliamo e ci comportiamo, le cose in cui crediamo o dubitiamo – tutti questi aspetti della nostra vita sono influenzati dal cinema”. Bordwell e Thompson, Storia del cinema e dei film, Dalle origini al 1945, Il Castoro, Milano, 1998, p. 17.
 
A livello distributivo è più che una scommessa: quindici ore di documentario sulla storia del cinema proiettate in sala per sette appuntamenti settimanali. Da martedì 25 settembre in nove città italiane (Roma, Milano, Torino, Bologna, Padova, Genova, Bari, Firenze e Mestre), The Story of Film ricerca un pubblico fedele, che sappia appassionarsi ad un’idea di fruizione segmentata e dilatata solo apparentemente nuova. Quasi automatico, infatti, pensare ai serial americani e francesi dei primissimi decenni del secolo come The Adventures of Kathlyn (1913) o Fantômas (1913), in cui le rocambolesche emozioni dei feuilleton si traducevano sullo schermo e negli occhi di spettatori in trepidante attesa della puntata successiva. Se si escludono casi eccezionali limitati a singole sale, in tempi di pochissimi biglietti staccati come i nostri, operazioni del genere non ce ne sono più state, soprattutto con una tale copertura.
 
Nato come progetto per la televisione inglese, in onda su More4 a settembre 2011, il documentario diretto dal critico Mark Cousins ha goduto da subito di buona se non ottima stampa cominciando un percorso che l’ha portato al MoMa di New York, lo scorso febbraio, fino all’insperata distribuzione italiana, grazie a Bim per cui uscirà anche in Dvd. Non nuovo ad esperienze limite – sua e dell’amica Tilda Swinton l’idea di portare un camion dotato si schermo per le highlands scozzesi in una specie di festival itinerante –, il regista del fluviale progetto “illustra come i cineasti siano influenzati sia dagli eventi storici del loro tempo sia gli uni dagli altri” partendo dal proprio, omonimo libro del 2004.
 
Cinque anni di lavoro, sei continenti, dodici decenni di film, interviste a registi e attori, tutto nel segno di una prospettiva che riesce a tenere lontano lo scetticismo degli ultimi trent’anni verso le storie del cinema generaliste. Pur in una generale linea cronologica, infatti, si va avanti e indietro, lavorando per associazioni e sovrapposizioni in un discorso libero da strette storicistiche. Dal precinema al Cameron di Avatar, dallo scontro tra Thomas Edison e i fratelli Lumière alle meraviglie del digitale, compresa qualche ipotesi sul futuro, con estrema libertà. Dopotutto, il cineasta più moderno non è per forza il più vicino in termini temporali né il più primitivo appartiene obbligatoriamente agli albori del secolo.
 
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