Forse sarebbe meglio uscire dall’ambiguità, se questa non fosse la propria cifra intellettuale: Luca Telese sta con gli ultimi o con i primi? Altrimenti è la classica operazione di tenere il piede in due scarpe; la botte piena e la moglie ubriaca.

In effetti tale risulta la missione dichiarata dal nuovo quotidiano lucatelesiano “Pubblico” (appunto, “dalla parte degli ultimi e dei primi”) comparso stamane nelle edicole alla chetichella; che confonde le idee già a partire dalla grafica della testata: una scopiazzatura spudorata di quella del francese Liberation (cambia solo il perimetro del fondino, ovviamente di colore rosso come il modello originale). In attesa dei prossimi numeri, abbiamo potuto commuoverci sulle sorti delle telefoniste e trarre conforto dall’impegno del novello Roosevelt, Pierluigi Bersani, quando ci rassicura che lui rifonderà il welfare (la sua ben nota incrollabilità riformista e la sua fermezza alternativista sono garanzie che non ammettono dubbi).

Tradotto in pratica: paternalismo condiscendente con gli ultimi, corrività ammirata verso “i primi”; di cui si accredita l’essere tali a prescindere dai pregressi (che – come minimo – dovrebbero indurre a prudenza, se non fornire credenziali in negativo). D’altro canto – spiega sempre Telese – la colpa di tutto è “dell’Italia babbiona (sic) nemica del merito”. Non dell’espropriazione pluridecennale di democrazia e legalità, non dei saccheggi di beni pubblici e devastazioni di civismo, non delle responsabilità dei “primi” nell’aver svenduto all’incanto un modello produttivo che manteneva qualche capacità propulsiva. Ma cosa possiamo attenderci da chi tifava “senza se e senza ma” per il liquidatore industriale Sergio Marchionne e faceva coming out a favore dell’orrida Renata Polverini nelle regionali del Lazio? Per chi fa comunella con il butterato Porro su la 7 (memore di aver lavorato nel suo stesso giornale, “Il Giornale”, sotto la direzione del “ben noto all’ufficio” Vittorio Feltri), concorrendo a massacrare le ragioni di sinistra proprio grazie alla difesa che mette in campo: flebile e condiscendente.

Del resto cosa c’è di più condiscendente nei riguardi delle ragioni dei “primi” di creare ammucchiate all’insegna del tutti insieme appassionatamente, in cui le ragioni degli altri finiscono nel calderone dell’indistinto? Magari favorendo, come sottoprodotto, lo scatenamento delle guerre tra gli ultimi e i penultimi che consentono operazioni mimetiche a vantaggio di chi sta in alto.
D’altro canto i corridoi del Potere, politico o mediatico che sia, di questi anni sono intasati di ragazzotti sovrappeso che hanno capito tutto all’insegna del cinismo. Li si ritrova a destra e sinistra, sopra e sotto: un vero cancro che ha corroso fino alle midolla la classe dirigente e rende risibile la parola d’ordine furbesca (e sommamente ipocrita) che il cambiamento è solo questione generazionale.

Cinici mimetizzati, la cui retorica è tutta e solo una variazione sul tema del volemose bene quale esorcisma delle ragioni del conflitto. Eppure gli amici dell’agenzia Adnkronos annunciano l’avvento del nuovo quotidiano con gli aggettivi “caustico e spietato”. Spietato verso chi? Contro i poveri cagnolini invitati a nutrirsi del gustoso patè reclamizzato a tutta pagina? Ovviamente questi cinici arrampicatori sul piacione sono pure pluralisti. Vale per loro una battuta di Robert Putnam: “l’errore del paradiso pluralista è che il coro celestiale canta con un forte accento altoborghese”.

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