La Commissione europea prova ad accelerare sull’unione bancaria. La Bce dovrebbe cominciare a vigilare su alcune banche europee già all’inizio del 2013 e su tutte quelle della zona euro dal 2014. Tempi più lunghi per centralizzare la gestione delle crisi bancarie e l’assicurazione dei depositi. Il cambio di passo rispetto alla tradizionale lentezza delle istituzioni europee è comunque notevole. Vedremo se i governi sapranno adeguarsi al nuovo corso, superando le resistenze al cambiamento. 

di Angelo Baglioni (Fonte: www.lavoce.info)

Il 12 settembre 2012 sarà ricordato come una giornata storica per l’euro, non solo per la tanto attesa sentenza della Corte costituzionale tedesca sul Fondo salva-Stati Esm, ma anche e soprattutto per le proposte della Commissione europea relative all’unione bancaria. Se queste avranno successo (esito non scontato), il cammino verso una maggiore integrazione delle istituzioni europee subirà una netta accelerazione. Speriamo che i governi e i parlamenti (nazionali ed europeo) tengano il passo con lo sprint impresso dalla Commissione.

La road map

La road map verso l’unione bancaria, presentata dalla Commissione Ue, è molto ambiziosa sia nell’ampiezza del disegno sia nei tempi di attuazione. Gli elementi essenziali sono tre:

– trasferimento della vigilanza bancaria alla Bce,
– uno schema europeo di assicurazione dei depositi,
– un sistema europeo di gestione delle crisi bancarie.

Il primo tassello dovrebbe andare in porto rapidamente. Se il Consiglio europeo approverà in tempo la proposta di regolamento presentata dalla Commissione, già a partire dall’inizio del 2013 la Bce vigilerà sulle banche che ricevono aiuti pubblici, a metà anno sulle banche più grandi (quelle internazionali e di rilevanza sistemica) e a fine anno su tutte le banche della zona euro. La Banca centrale avrà il potere di concedere (e quindi di revocare) la licenza bancaria; di controllare che una banca rispetti le regole prudenziali (ad esempio quelle sul patrimonio e sulla liquidità); di imporre azioni correttive in caso di violazione dei parametri prudenziali. 

Perché l’unione bancaria?

Perché è opportuno questo trasferimento di sovranità dalle autorità nazionali alla Bce? Vi sono diverse ragioni, che proviamo qui a riassumere. Anzitutto, l’integrazione tra i paesi europei (soprattutto quelli che hanno la stessa moneta) prevede che tutti seguano le stesse regole in ambito finanziario e le applichino allo stesso modo: per assicurare la piena uniformità è bene avere una unica autorità di vigilanza. In secondo luogo, in Europa operano alcune grandi banche di dimensione internazionale (si pensi ad esempio a Deutsche Bank, Bnp Paribas, Unicredit): è bene che queste istituzioni abbiano un interlocutore unico, anziché una pluralità di autorità nazionali. L’accentramento dei controlli, inoltre, è la premessa perché possano essere messe in comune le risorse necessarie a gestire le crisi bancarie: in particolare, perché il fondo di stabilità europeo Esm possa intervenire direttamente nella ricapitalizzazione delle banche in crisi. A sua volta, la gestione comune delle crisi è importante per spezzare il legame perverso tra rischio bancario e rischio sovrano a livello nazionale. Infine, una certa “lontananza” della autorità di supervisione dai soggetti vigilati può essere un bene, per evitare che la prima sia in qualche modo “catturata” dai secondi. 

Naturalmente, il trasferimento di poteri dalle autorità nazionali alla Bce non è privo di problemi. Come può la Banca centrale, nel giro di un anno, dotarsi delle risorse (soprattutto umane) necessarie per vigilare su circa seimila banche? Come potrà una istituzione che sta a Francoforte avere rapporti con tutte le banche sparse sul territorio dell’unione monetaria? La risposta verrà presumibilmente dall’applicazione dello stesso principio adottato nella gestione della politica monetaria unica: accentramento decisionale e decentramento operativo. In parole povere, la responsabilità ultima delle decisioni sarà a Francoforte, ma i rapporti con le banche verranno prevalentemente tenuti dalle singole banche centrali nazionali. 

Mentre sul fronte della attribuzione della vigilanza bancaria alla Bce la Commissione si è spinta molto avanti, sugli altri due fronti – assicurazione dei depositi e gestione delle crisi bancarie – si è mossa con maggiore prudenza. Per ora, ha lasciato sul tavolo le due proposte già fatte in precedenza, che mirano a coordinare le regole di gestione e di rimborso dei depositanti in caso di crisi, lasciandone però la responsabilità alle autorità nazionali. Solo quando queste saranno approvate (Consiglio e Parlamento europeo sono invitati dalla Commissione a farlo entro la fine di quest’anno) la Commissione farà proposte specifiche volte a introdurre una assicurazione europea dei depositi e un meccanismo europeo di gestione delle crisi bancarie. Forse su questo fronte si poteva procedere con più coraggio, lasciando cadere le ipotesi esistenti – che puntano solo al coordinamento – e presentando subito nuove proposte miranti direttamente alla creazione di istituzioni comuni tra i paesi della zona euro.

Cambio di passo

Bisogna comunque riconoscere che la Commissione ha cambiato passo rispetto ai tempi e ai riti che tradizionalmente caratterizzano l’iter delle decisioni europee. In un recente articolo abbiamo ironizzato sui sei anni complessivamente necessari per la gestazione e l’entrata in vigore della proposta di direttiva sulla gestione delle crisi bancarie. Ora la Commissione si presenta con una proposta di regolamento, che assegna la vigilanza alla Bce, dopo solo due mesi e mezzo dall’investitura ricevuta dal Consiglio europeo di fine giugno. Ma soprattutto invita le altre istituzioni a fare presto la loro parte, in modo che l’unione bancaria possa davvero nascer 1/1/2013. Vedremo se gli altri attori sapranno tenere il passo. Gli ostacoli non mancheranno, a cominciare dalle resistenze di quei politici che non vorranno perdere la loro presa sulle banche locali. Le resistenze più forti vengono  dalla Germania, dove sono in molti a chiedere che la Bce si occupi solo delle grandi banche, lasciando le altre al controllo locale. La cancelliera Merkel ha appena superato l’opposizione interna allo “scudo anti-spread” (Esm e Bce). Se la caverà anche questa volta?

Angelo Baglioni insegna Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano, Facoltà di Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative. Ha recentemente insegnato anche al Master in Economia e Banca presso la Facoltà di Economia R.M.Goodwin dell’Università di Siena. E’ membro del Comitato direttivo e scientifico del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica di Milano e Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa). Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo), come responsabile della Sezione Intermediari Finanziari. I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto libri e articoli pubblicati su riviste internazionali. E’ laureato in Università Bocconi e ha conseguito il Master in Economics presso la University of Pennsylvania.

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