Democrazia Cristiana, Partito dei Socialisti e dei Democratici e Alleanza Popolare. Sembra un tuffo nel passato politico dell’Italia e invece sono solo alcuni dei nomi dei partiti politici candidati alle elezioni a San Marino del prossimo 11 novembre, il piccolo stato nell’entroterra italiano dove il tempo sulla carta non sembra mai essere passato. Là dove tutto sembra essere fermo alla prima repubblica, se tangentopoli non è mai arrivata, a risvegliare la politica nazionale è una crisi sistemica senza precedenti che richiede interventi e riforme “d’emergenza”. A prendere sul serio il bisogno di intervenire è la coalizione tra Dc e Partito dei Socialisti e dei Democratici e Alleanza Popolare, l’unico attore finora che sembra pronto alla sfida elettorale con un “listone” che manderebbe al governo forze che prima erano in contrasto le une con le altre, ma che chiamano alla responsabilità nazionale. E se mancano solo due mesi alle elezioni, le carte sono ancora tutte in tavola.

Tante sigle, molti programmi e interessi da tutelare: la politica nella piccola enclave è ancora più difficile se si seguono le diverse formazioni che in un infinito valzer di alleanze e rotture, mandano in crisi ogni logica elettorale. Alle scorse elezioni del 2008, si erano infatti presentate due liste: da una parte la coalizione “Riforme e libertà”, con Democratici di Centro, Sinistra Unita e Partito dei Socialisti e dei Democratici, mentre dall’altra la Coalizione Patto per San Marino, uscita vincitrice dalle consultazioni e con al suo interno Partito Democratico Cristiano di San Marino, Alleanza Popolare, Lista delle Libertà, Arengo e Libertà, Unione Sanmarinese dei moderati e Europopolari per San Marino. A poco più di quattro anni dalle scorse elezioni, gli schieramenti sembrano già carta straccia con la Democrazia Cristiana che ha annunciato la volontà di candidarsi a fianco del Partito dei Socialisti e dei Democratici. La discussione ora sta tutta nel chi si presenterà a fianco di chi in una sfida all’ultimo nome che ancora vede poche certezze. E non mancano i colpi di scena, con neo-transfughi della Democrazia Cristiana che si preparano ad allearsi con lo schieramento opposto e con Upr (Unione per la Repubblica), lasciata fuori dall’alleanza con la Democrazia Cristiana e i Psd. Rete e Civico 10 i due movimenti di cittadini che se da una parte parlano di rinnovamento e trasparenza con temi simili all’italiano Movimento 5 Stelle, dall’altra potrebbero entrare nell’orbita di politici di vecchia data per coalizioni di opposizione. Tante ipotesi e poche certezze, in un panorama politico dove a far discutere è la scelta dei candidati per i due posti di Capitani Reggenti: sono la massima carica politica, rappresentanti della coalizione vincitrice che, una volta al governo eseguono per sei mesi i ruoli di capi di stato e capi di governo e hanno, uno nei confronti dell’altro, potere di veto. La carica risale all’epoca comunale quando si pensava che spartire il potere tra due persone invece che una soltanto potesse evitare gli abusi di potere.

 La legge elettorale di San Marino, unica in Europa, è caratterizzata da un sistema elettorale proporzionale a collegio unico che permette di spartire i seggi per accedere al parlamento locale, denominato Consiglio Grande e Generale. Dopo la riforma della legge elettorale del 2007 sono stati apportati alcuni cambiamenti per avere una maggiore stabilità dei governi eletti: è stato introdotto un premio di stabilità che possa permettere ai vincitori della tornata elettorale un numero di seggi aggiuntivi fino ad un minimo di 35; inoltre, nel caso in cui la lista non riuscisse a raggiungere il numero sufficiente di voti per avere almeno la metà dei 60 consiglieri, è previsto il ballottaggio. Riforme e accorgimenti che dovrebbero permettere una maggiore stabilità a livello politico ma che ancora faticano a dare risultati.

Ma le polemiche pre-elettorali non riguardano solo partiti e candidati. Nell’occhio del ciclone infatti, ci sono anche i quasi 15000 (circa la metà dei 30000 abitanti totali) cittadini della Repubblica di San Marino che vivono all’estero e che quando arriva il momento delle elezioni sono vittime di politiche che, volenti o nolenti, disincentivano la loro partecipazione alla macchina democratica. I residenti all’estero non conoscono i politici locali, si fanno comprare i voti, non pagano abbastanza tasse: queste alcune delle frasi che escono ad ogni discussione, tra stereotipi, modi di dire e accuse che rivelano una realtà in cui ogni anno è più difficile la partecipazione degli emigrati alle votazioni. Una delle proposte sostenute dalle comunità all’estero riguarda la possibilità del voto a distanza, da tempo discussa e mai attuata in un contesto in cui la stampa e l’invio dei certificati elettorali agli elettori all’estero costa quasi 100 mila euro al piccolo stato. Un punto su cui Anna Maria Ceccoli, Presidentessa della Consulta dei cittadini sammarinesi all’estero insiste dicendo, “la riforma rientrerebbe in uno standard europeo e, in un’epoca di grande mobilità di lavoratori e studenti, si dovrebbe garantire a tutti la possibilità di votare”. Ma tra accuse e dibattiti, la questione è ferma e almeno per le prossime elezioni non vedrà cambiamenti.

“La riforma elettorale– spiega Valeria Ciavatta, Segretario di Stato agli Affari Interni, – era sì uno dei punti del nostro programma in campagna, ma non abbiamo potuto affrontarlo in questi quattro anni perché abbiamo dovuto gestire questioni molto complesse e non ci sono state le condizioni giuste”. Un tema spinoso che il nuovo governo che entrerà in carica a partire dal prossimo novembre si troverà in eredità nell’agenda. 

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