Caro Bellocchio,
non la conosco personalmente, ma i suoi film accompagnano la mia vita da tanto tempo che la considero quasi uno di famiglia. E come una parente, diciamo una cugina affezionata, le dico: non se la prenda! I festival passano, i film – alcuni, i migliori – restano.

Questo suo “Bella addormentata” è un film che resterà. Perché, nel solco della miglior tradizione del cinema civile (una volta si diceva impegnato), lei ha saputo raccontare un momento storico atroce (quelle immagini, quelle parole di Berlusconi e dei suoi sgherri sembrano così lontane, eppure sono solo di ieri). E, insieme, la fede, i dubbi, la follia, l’etica, il dolore, l’amore: in una parola la vita della gente comune.

Perché universale è il dolore per la perdita di una figlia (bellissima, tutte le figlie sono bellissime) ridotta a vegetale. E la celebre attrice che rifiuta di vedere la realtà, perfino l’immagine di se stessa riflessa da uno specchio, è alla fine solo una madre.

Perché potente può essere l’amore, in grado di superare barriere e pregiudizi (anche se non sempre ci riesce).

E perché perfino un uomo politico può essere dotato di coscienza. Ho letto che la figura del parlamentare di centro destra che si dimette pur di non votare una legge obbrobriosa, è ispirata a un autentico deputato che fu a un passo da quella decisione: di sicuro, nella finzione come nella realtà non ci troviamo di fronte a una persona comune, ma nel panorama umano (e forse politico) il parlamentare è più vicino di quanto si possa credere a tanti suoi ipotetici elettori: molti dei quali, come lui, non avrebbero esitato ad accogliere la richiesta della moglie morente di porre fine alle sue inutili sofferenze.

Come certo saprà, a Milano il sindaco Pisapia si è fatto promotore di un registro per il testamento biologico. Le polemiche non mancano e non mancheranno: mi auguro che molti vedano il suo film, perché può aiutare a ragionare fuori dagli schemi, con onestà intellettuale come lei ha fatto.

Con stima

Articolo Precedente

Se ci fosse un secondo Olocausto, mi nasconderesti?

next
Articolo Successivo

Inizia la scuola e il dialogo con i figli

next