Cultura

Mostra del Cinema di Venezia: luci, ombre, stelle, nuvole e… polemiche

Cala il sipario sulla Mostra del cinema numero 69, anno primo della seconda era Barbera. In tempi di crisi la promessa era: di meno, di meglio. Il dibattito è aperto, dalla A alla zeta. Toni Servillo "enorme" per Bellocchio e Ciprì

di RQuotidiano

Cala il sipario sulla Mostra del cinema numero 69, anno primo della seconda era Barbera. Luci, ombre, poche stelle e qualche nuvola. In tempi di crisi la promessa era: di meno, di meglio. Il dibattito è aperto, dalla a alla zeta.

A. Ascensori. Prendere quelli del Casinò è come lanciare le monete dell’I Ching. Uno schiaccia il bottone e aspetta il responso della sorte. L’attesa può durare pochi istanti o per sempre. Nel frattempo, si capisce perché Baratta voglia spendere i 3 milioni e mezzo stanziati dal comune per gli ammodernamenti partendo da qui.

B. Bellocchio. Venerato maestro, riottoso a diventare solito stronzo. Tocco estremamente identificabile, caratteraccio, passione, intelligenza e pugni, sempre in tasca.

C. Cardinale. Un’interpretazione da manuale nel film di De Oliveira, e un fascino inviolato dal tempo come dal bisturi. Si può essere splendide settantenni, a patto di non averne paura.

D. Des Bains. All’Excelsior circolava un depliant per magnificare la nuova destinazione d’uso dell’Hotel. Appartamenti extralusso in consegna nel 2014, ma che al momento non vanno a ruba. Von Aschenbach non è più in target, ma anche i divi di Hollywood nicchiano.

E. Endemica. La malinconia del Lido. Tassa da pagare alla memoria, al lungomare plumbeo, al carrozzone senza ormai più ruote.

F. Forza. I documentaristi italiani (Marra, Quatriglio, Giralucci, Di Costanzo, Vendemmiati). Affreschi straordinari che dimostrano curiosa vitalità e sguardo originale.

G. Selena Gomez. L’unico scatto di orgoglio del red carpet è per l’arrivo della minidiva disneyana riconvertita in bad girl. Anche le fan non sono del tutto candide; quasi tutte puntano a rivendere l’autografo alle compagne di classe.

L. Spike Lee. Fermo l’orologio del cinema alla 25° ora, riprova con lo stesso numero, allo scopo di incensare a mezzo documentario un disco “cattivo” di Michael Jackson in occasione del suo 25° genetliaco. Missione riuscita. Epifanìa.

M. The Master. Capolavoro di Anderson per scrittura e immagini sostenute da attori monstre, Hoffman e Phoenix. Tra i momenti di nitida, indiscutibile bellezza che il cinema sa ancora regalare.

N. Neorealismo. Per raccontare l’anima nera della camorra L’intervallo di Leonardo Di Costanzo risale la china, oltre Risi e Monicelli, fino a De Sica, e firma un piccolo capolavoro. Che ritornare al neorealismo sia la strada giusta?

O. Opportunità. Sbandierare la parziale copertura del buco della vergogna da parte di Baratta con l’autoapologia del festival rinnovato è parsa un’involontaria metafora di impotenza. Vorremmo ma non possiamo.

P. Palermo. La città nuclearizzata ricostruita da Ciprì nella Brindisi saccheggiata dai palazzinari rimane una delle immagini più forti di un Festival diseguale.

Q. Costanza Quatriglio. Il suo Terra matta, educazione sentimentale tra parole e analfabetismo, è un gioiello di grazia e profondità.

R. Robert Redford. Per la sua prima volta al Lido si presenta con un film in cui fa il cattivo, ma poi, sotto sotto, si scopre che è anche buono. Doppia identità, e doppio look a uso delle fan. Giacca e cravatta da avvocato , ma anche giubbotto e jeans da ricercato. Piacione bipartisan.

S. Toni Servillo. Semplicemente enorme, per Ciprì e Bellocchio. Diabolico e dolente, eccessivo e misurato. Un attore.

T. Tivù. I mezzibusti delle televisioni sono rimasti gli unici a presidiare il tappeto rosso disertato dalle folle. Se va avanti così, finirà che Marzullo dovrà farci sfilare Anselma Dell’Olio.

U. Ulrich Seidl. Regista a suo agio con i viaggi di piacere delle 60enni in Kenya come con i crocifissi usati a scopi dionisiaci. Scandaletto atteso, regia che non lascia mai indifferenti.

V. Venezia. Lo hanno sussurrato in tanti, da Marina Cicogna a Riccardo Tozzi. Mollare il sempre più improponibile Lido potrebbe essere l’ultima spiaggia per rilanciare la mostra. Tutti a Venezia, sempre meglio che tutti a Toronto.

Z. L’orgia del potere. Meno presente degli ultimi anni, per mancanza di materiale umano, spossatezza, budget ridotti all’osso, crepuscoli correnti e conti in secca. 

di Nanni Delbecchi e Malcom Pagani

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