È un’ultima trincea, giusto per dare l’impressione di non aver ceduto su tutto: a metà pomeriggio di ieri, fonti del governo tedesco diffondono la notizia che la cancelliera Angela Merkel è contraria ad “acquisti illimitati” di titoli di Stato da parte della Bce.

Sembra un avvertimento a Mario Draghi, che oggi riunisce il Consiglio direttivo della Banca centrale europea. Ma sotto sotto è un segnale di via libera, la massima apertura che il governo di Berlino potesse concedere: opporsi agli acquisti illimitati significa che la Germania acconsente invece a interventi limitati. E diversi membri di vertice della Bce avevano ripetuto nelle scorse settimane che Francoforte interverrà per ridurre gli spread, ma soltanto come braccio del nuovo fondo salva Stati Esm, nei limiti del capitale che questo ha a disposizione (fino a 500 miliardi, ancora da conferire). I dettagli del piano con cui Draghi oggi dovrà dare concretezza alle promesse di difendere l’euro in ogni modo, come promesso durante l’estate, verrano rivelati oggi. Ma ieri sono stati anticipati dall’agenzia Bloomberg e subito commentati dalle case di investimento, anche per un passaggio sugli “acquisti illimitati” che ha scatenato la reazione di Berlino.

Il piano di intervento dovrebbe funzionare così: gli acquisti da parte della Bce si concentreranno sui titoli di Stato a breve scadenza, quelli a due-tre anni (lo spread che guardiamo di solito è invece la differenza di rendimento tra titoli italiani a 10 anni e omologhi tedeschi). Non si conosce ancora l’entità di risorse che Francoforte è disposta a impegnare. Ma l’acquisto sarà sterilizzato, cioè se con una mano la Bce immette moneta nel sistema (comprando da banche e intermediari titoli di Stato), c on l’altra mano toglie moneta dalla circolazione (vendendo titoli che ha in portafoglio). Così la massa monetaria non aumenta e, si spera, l’inflazione resta stabile.

La cosa interessante è che tra i titoli che la Bce è disposta a vendere ci potrebbero essere quelli dei Paesi in passato beneficiari di acquisti ma che poi non si sono comportati bene, violando le promesse su riforme e finanza pubblica (nell’estate 2011 la Bce ha comprato titoli di Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Grecia).

In cambio dei nuovi acquisti a sostegno di Paesi anche virtuosi sui conti ma screditati sui mercati (come si presenta l’Italia), ci sarà una qualche forma di condizionalità. Il governo dovrà firmare un accordo con impegni precisi. Quanto stringenti? Non si sa. E forse si capirà dopo la riunione della Bce di oggi, ma non è detto. La Germania e i Paesi più virtuosi chiedono vincoli pesantissimi (anche se pare evitato il rischio di avere la troika Ue-Bce-Fmi). Monti e la Spagna di Mariano Rajoy spingono per condizionalità leggere che replicano impegni europei già presi. La Bce dovrebbe anche ridurre il proprio status di creditore privilegiato: in caso lo Stato debitore non riesca a rimborsare il dovuto, anche il valore dei titoli comprati da Francoforte verrà decurtato, a differenza di quanto è avvenuto nel caso della Grecia. La combinazione di questi interventi dovrebbe rassicurare i mercati: gli Stati non rischieranno la crisi di liquidità perché c’è la Bce che compra il debito, le banche non rischieranno brutte sorprese perché Francoforte non è creditore privilegiato ela Germania può sentirsi rassicurata dalle condizionalità che evitano di trasformare i soldi della Bce in morfina per Paesi senza speranza. Tutto questo piace alle Borse e ormai è stato digerito dalla Merkel. Bisogna vedere se anche la Bundesbank, la Banca centrale tedesca, alla fine si piegherà. O se magari il suo capo, Jens Weidmann, sceglierà le dimissioni polemiche come fece un anno fa il suo predecessore Axel Weber e il membro tedesco del board di Francoforte Jürgen Stark.

 Twitter @stefanofeltri

Il Fatto Quotidiano, 6 settembre 2012

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