Il paragone è venuto naturale a molti, ieri sera. Julian Castro (nella foto) ricorda Barack Obama, otto anni fa. Allora, alla convention di Boston, Obama era un promettente senatore dell’Illinois che nel keynote speech raccontò la storia di un ragazzo di scarsi mezzi, nato alle Hawaii da un padre keniota e una madre del Kansas, arrivato ai vertici della politica grazie a tenacia e opportunità offerte dal ‘‘sogno americano’’. Julian Castro, sindaco di San Antonio, ha fatto ieri sera la stessa cosa alla convention di Charlotte.

Nel suo discorso, il primo di un ispanico nella storia del partito democratico, Castro ha parlato del sogno americano come del lavoro collettivo di una nazione: ‘‘Le nostre famiglie non arrivano sempre a toccare la linea del traguardo, ma ogni generazione passa alla successiva i frutti del suo lavoro’’. Ispirato, ironico, scattante come i suoi 37 anni, Castro ha attaccato le politiche economiche fallimentari dei repubblicani, la loro distruzione sistematica della classe media. Più di una volta, ha messo a nudo la ricchezza arrogante di Mitt Romney, ‘‘una persona buona, ma che proprio non ce la fa a capire quanto buona sia stata la sua vita’’. La storia di Julian Castro appare in effetti il manifesto perfetto per rinnovare ancora una volta la storia dell’American Dream. La nonna, Victoria, era un’orfana immigrata dal Messico che in America imparò a leggere e scrivere e divenne cuoca e donna delle pulizie. Julian, insieme al gemello Joaquin, è cresciuto in un quartiere povero di San Antonio, con una madre attivista democratica che portava i figli ancora infanti a manifestazioni e comizi. Julian e Joaquin hanno frequentato Stanford e Harvard grazie alle borse di studio statali. Sono diventati avvocati di successo. Oggi i gemelli Castro sono due tra i politici più potenti del Texas. Julian è sindaco di San Antonio, e prevede di restare al suo posto sino al 2017. Joaquin fa il deputato dello Stato.

Dato che la politica è ‘‘sogno’’, ma è soprattutto calcolo e interesse, la promozione di Julian a star della Convention democratica appare comunque il modo in cui i democratici pensano di assicurarsi una volta per tutte il voto ispanico. ‘‘I repubblicani si sono suicidati. Sulla questione degli ispanici, rischiano di perdere le elezioni’’, spiega al fattoquotidiano.it Sandra Lee, delegata del Texas e sostenitrice di Castro. La politica anti-immigrati dei repubblicani – con la discussa legge sull’immigrazione dell’Arizona, l’opposizione a ogni forma di amnistia, la criminalizzazione del lavoro degli ‘‘undocumented’’ — ha decisamente allontanato l’elettorato ispanico dal Grand Old Party (Gop). Oggi due terzi dei latini dicono di voler votare democratico. La percentuale diventa ancor più impressionante se si considerano gli elettori sotto i 25 anni. Otto giovani ispanici su dieci scelgono Obama, soprattutto dopo la decisione del presidente di bloccare la deportazione di 800 mila giovani ‘‘undocumented’’ che studiano negli Usa.

Il voto latino è essenziale, soprattutto perché concentrato in stati come Florida, Arizona, Nevada, Colorado, dove un margine bassissimo, 2-3%, può decidere la vittoria di un partito sull’altro. Il fenomeno appare ancora più interessante se valutato in prospettiva. ‘‘Gli ispanici sono destinati a diventare gli ebrei del futuro’’, racconta un’altra delegata, Barbara Meiman di New York. Come gli immigrati ebrei, che a inizi Novecento divennero per cultura e tradizione un blocco compatto di fede democratica, anche gli ispanici paiono destinati a votare democratico per le prossime generazioni. Gli effetti sulla geografia politica del Paese sarebbero eclatanti. Gli ispanici rappresentano infatti il 55% dei nuovi nati americani, e il loro impatto demografico, sociale, economico continua a crescere. ‘‘Ma Castro è la nostra speranza anche per il Texas’’, spiega ancora la delegata Sandra Lee. Lo Stato è diventato infatti, dopo anni di prevalenza democratica – incarnato da una governatrice amatissima, Ann Richards – un bastione del potere repubblicano. I democratici non vincono una carica elettiva nello Stato dal 1994. L’ascesa dei gemelli Castro è dunque una scommessa che il partito di Obama lancia per il futuro. Molti parlano già di una candidatura di Julian a governatore del Texas, il secondo più ricco stato americano dopo la California. Il discorso di ieri sera, accolto dai delegati in delirio, potrebbe però far immaginare una carriera politica ancor più importante, e nazionale, per il nipote dell’orfana messicana.

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