Dopo l’intervento di Matteo Renzi ieri a Reggio Emilia, mi sembra chiaro quello che sta facendo: inseguire Grillo sul suo stesso terreno in termini di linguaggio e comunicazione; inseguire il Movimento 5 Stelle in termini di contenuti.

Linguaggio. Renzi come Grillo usa le parole come una clava, cioè usa immagini forti, se ne frega delle sfumature, e pure lui cerca di far ridere il pubblico. Certo non dice le parolacce, però ci gira intorno. Ieri per esempio ha detto di Tremonti che, se tornasse, sarebbe «come lo Squalo 7, a volte tornano». Poteva benissimo dirlo Grillo. (Ma non erano gli zombie, che «a volte tornano»? Quelli su cui Grillo e Bersani hanno litigato nei giorni scorsi?) Pensiamo poi alla «rottamazione»: una parola pesante, irrispettosa, perché implica assimilare gli esseri umani ad auto vecchie o incidentate. Poi Renzi passa la vita a dire che «non intendeva» mancare di rispetto a nessuno né metterla in termini generazionali. Ma intanto ripete «rottamiamo!» e parla di sé come «under 40» (anche ieri). Come se la politica non fosse piena (in tutti i partiti) di giovanissimi (under 40 e under 30) azzeccagarbugli con la muffa nel cervello, pronti a riprodurre logiche vecchissime.

Contenuti. È stato Renzi stesso, ieri, ad ammettere che prende spunto dal Movimento 5 Stelle. Basta leggere fra le righe: «Grillo è insopportabile – ha detto – ma le cose che dice si smontano in un quarto d’ora, basta che il Pd proponga in Parlamento il dimezzamento del numero dei parlamentari e l’abolizione del vitalizio. Fatto questo, Grillo va a casa e diventa un fenomeno da baraccone». È verissimo, ha ragione.

Renzi ha capito una cosa fondamentale, che Bersani invece per ora sembra di no: molti transfughi del Pd possono finire nel Movimento 5 Stelle, se il Pd non fa qualcosa (ne parlavamo anche qui). Occorre che il Pd si rivolga a loro, li convinca a non andare, o a tornare. E come si fa? Esattamente come ha spiegato Renzi: proponendo i capisaldi attorno a cui il Movimento 5 Stelle raccoglie il consenso, e cioè tutte le mosse «anticasta»: dimezzamento dei parlamentari, abolizione del vitalizio, abbassamento dello stipendio a tutte le cariche politiche, nazionali e locali, dopo due mandati tutti a casa, e così via. Ottimo, possiamo pure essere d’accordo.

Ma questa è solo la protesta, la parte critica. Dove sta la proposta positiva? Di Grillo e Renzi, intendo, di tutt’e due. Abbiamo il nostro programma, ripetono Grillo e i suoi. C’è tutto quello che ho fatto per Firenze, dice Renzi. Lo ripete Bersani, lo hanno ripetuto spesso molti leader di sinistra: il programma, il programma!

Un meraviglioso programma, già. Solo che non te lo spiegano mai, il programma, perché si fermano sempre e soprattutto a criticare. O a sparare parole forti, come va di moda ora. E se glielo fai notare, che non ti dicono il programma, alzano il sopracciglio e rispondono che nooo, loro l’hanno pur detto, sei tu che non l’hai capito. Vecchia storia. E allora? dove sta la novità – oltre che il programma – di Renzi? Se passasse meno tempo a menare il randello e ce lo spiegasse in parole semplici e soprattutto pacate, magari, farebbe davvero qualcosa di nuovo.

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