Nelle prime ore del 18 marzo scorso una Ferrari si è schiantata contro un muro sul quarto anello nord di Pechino, in zona Wudaokou, vicino al quartiere universitario. Al volante un ventenne seminudo è morto sul colpo. Ferite gravemente invece le due accompagnatrici, anch’esse svestite. Una apparteneva alla minoranza uigura, l’altra a quella tibetana. L’identità del giovane, svelata solo oggi dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, mette in luce le crepe del sistema monopartitico cinese e la debolezza del suo attuale Presidente. Proprio alla vigilia di uno dei più difficili cambi di leadership che il paese ricordi. Il 18 marzo stesso, una domenica che evidentemente seguiva un sabato sera da sballo, il Quotidiano del popolo pubblicava la notizia dell’incidente, ma già il lunedì successivo la notizia era scomparsa e su Weibo, il twitter cinese, erano state addirittura censurate parole come ‘Ferrari’ e ‘incidente stradale’. Quasi subito si era diffusa la voce che il ragazzo a bordo dell’auto era figlio di un importante ministro e che la censura era volta ad arginare la furia popolare contro i ‘l’aristocrazia rossa’: famiglie i cui figli possono permettersi di studiare all’estero o possedere a vent’anni macchine da centinaia di migliaia di euro. Insomma, l’un per cento cinese.

La potenza sociale dell’incidente rimase quindi sopita sotto le braci della censura. Ma non erano solo i media stranieri a continuare ad interrogarsi sulla vicenda. Diverse indagini partite dalle alte sfere politiche erano risalite alla vera identità del ragazzo. Tra i tanti a cui fu svelato il vero nome del giovane coinvolto, c’era addirittura Jiang Zemin, ovvero il precedente presidente della Repubblica ancora molto influente sebbene in pensione. Bisogna inoltre ricordare il clima politico di quei giorni. Solo tre giorni prima il rosso Bo Xilai, quello che sembrava essere l’astro nascente della politica cinese, era stato epurato. Un altro uomo aveva preso la sua carica di segretario di Partito della città di Chongqing. Le cause di quello scossone politico non si sono mai chiarite, anche se la moglie è stata recentemente condannata a morte per l’omicidio di un uomo d’affari britannico che avrebbe aiutato la famiglia Bo a stornare fondi illegali all’estero. Ma fino alla sua caduta, mediatica prima ancora che politica, Bo era quello che aveva osato sfidare il modello di “società armoniosa” proposto dal presidente Hu Jintao con un modello altrettanto discutibile che in alcuni punti ricordava addirittura i metodi e le soluzioni della Rivoluzione culturale ma che, al contrario del primo, piaceva molto al popolo. Secondo le fonti del sempre ben informato South China Morning Post – che esce oggi con il suo scoop – l’ex presidente Jiang Zemin avrebbe temporeggiato tre mesi prima di riferire il nome del ragazzo all’attuale presidente Hu. Si tratterebbe di Ling Gu, il figlio di Ling Jihua, ex capo dell’Ufficio generale del Comitato centrale del Partito comunista e – almeno fino alla settimana scorsa – principale consigliere del Presidente. L’ufficio ricoperto da Ling è infatti uno dei più politicamente sensibili. Chi lo ricopre supervisiona quotidianamente l’agenda dei leader e – soprattutto – del presidente.

Il presidente Hu aveva dovuto lottare a lungo per permettergli di ricoprire quell’incarico che, nei primi cinque anni della sua presidenza, era assegnato a un fedelissimo del suo predecessore Jiang Zemin. Ling era uno dei pupilli del presidente Hu Jintao e tra i favoriti a prendere posto tra i 24 membri del Politburo nella cosiddetta sesta generazione di leader che verrà confermata durante il Congresso del prossimo autunno. Il fatto che sabato scorso a Ling sia stato invece assegnato un incarico più che altro simbolico (capo del Dipartimento del Fronte unito per il lavoro) è un segno di quanto quell’incidente abbia pesato nelle alte sfere e dell’attuale impotenza di Hu che non avrebbe più la forza di portare avanti i suoi protegé. Le notti folli di un ventenne dunque hanno troncato la carriera del padre, ma soprattutto mettono in discussione il buon nome del Presidente. Hu Jintao ha infatti mantenuto fino ad oggi una buona reputazione e sicuramente vorrebbe essere ricordato come un uomo onesto che non ha lesinato il suo sostegno alla lotta contro i privilegi e la corruzione. Ma cosa potrà rispondere quando la furia popolare gli chiederà di come sia possibile che un ventenne possa permettersi un auto da 5 milioni di yuan (oltre 600mila euro)? L’incidente non solo confermerà l’opinione diffusa che i figli di alti funzionari hanno stili di vita lussuosi e ‘decadenti’, ma contribuirà anche a rendere più caldo quest’autunno; e più complicate e frutto di più mediazioni le decisioni politiche legate al prossimo cambio di leadership. I nuovi equilibri politici verranno svelati durante il XVIII congresso del Partito comunista cinese. Forse anche per questo le date del Congresso non sono ancora state annunciate.

di Cecilia Attanasio Ghezzi

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