Nei giorni scorsi l’«Uomo da marciapiede» del Fatto Quotidiano è andato per le vie di Milano chiedendo ai passanti se avesse ancora senso la distinzione fra destra e sinistra. La stessa domanda è stata fatta ieri ai lettori del Fatto. Mentre scrivo, il 28,32% di coloro che hanno risposto (finora circa 5.500 persone) dice «No, sono categorie ormai superate», e il 28,54% pensa che «Ormai la politica non esiste più: siamo sotto il dominio dei mercati finanziari». A breve distanza (25,16%) stanno poi quelli per cui la distinzione ha senso «ma non trova riscontro nell’attuale sistema politico».

Il sondaggio non rappresenta certo la popolazione italiana e nemmeno i lettori del Fatto, ma solo coloro che hanno deciso di rispondere; dunque vale solo come esercizio di riflessione. Ma è comunque significativo che la domanda sia stata posta.

Perciò voglio ricordare cosa scriveva Norberto Bobbio nel 1994, in un momento storico in cui, in Italia, la distinzione fra destra e sinistra veniva messa in dubbio un po’ come ora:

«I due termini di una diade si reggono l’uno con l’altro: dove non c’è destra, non c’è più sinistra, e viceversa. Detto altrimenti, esiste una destra in quanto esiste una sinistra, esiste una sinistra in quanto esiste una destra. […] In una situazione in cui una della due parti diventa tanto predominante da lasciare all’altra uno spazio troppo piccolo per essere considerato ancora politicamente rilevante, l’esautoramento alla diade diventa un naturale espediente per occultare la propria debolezza. La destra è stata sconfitta? Ma quale senso ha ancora porre il problema in questi termini – si domanda lo sconfitto – se la distinzione fra destra e sinistra ha fatto il suo tempo? In un universo in cui le due parti contrapposte sono interdipendenti, nel senso che l’una esiste se esiste anche l’altra, l’unico modo per svalutare l’avversario è quello di svalutare se stesso.» (Norberto Bobbio, Destra e sinistra, Donzelli, 1994, pp. 15-17).

Il che vale sia quando è la destra a essere sconfitta (o è in difficoltà), sia quando la sinistra lo è. Oggi, purtroppo, la politica italiana è arrivata al punto che entrambe le parti sono messe male. Ed ecco che rispunta il dubbio: destra e sinistra hanno ancora senso? Legittimo chiederselo, ma a cosa porta rispondere di no?

In tutti i paesi del mondo in cui ci sia una democrazia ben funzionante, la distinzione può prendere altri nomi (progressisti-conservatori per esempio), ma c’è. Ed è bella chiara. Inoltre la storia ci insegna che da quando, durante la Rivoluzione francese, l’opposizione fra destra e sinistra fu inventata, tutti i tentativi di confonderla o addirittura cancellarla, dicendo che era una cosa del passato, hanno coinciso con momenti di debolezza del dibattito democratico. O, nei casi peggiori, di debolezza della stessa democrazia.

E oggi? Che ne è della nostra democrazia? Ma soprattutto, cosa vogliamo farne?

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