Una giornata di sangue, in Afghanistan, segnata da una serie di attacchi – anche alle truppe italiane – e da un massacro che ha ben pochi precedenti, nella provincia di Helmand. Stamattina alle 7,30 ora locale, le 10 in Italia, un razzo da 107 millimetri ha colpito il perimetro di uno degli avamposti italiani nella zona di Bala Boluk, nel sud ovest del settore occidentale sotto comando italiano. Tre soldati sono rimasti feriti, ma per fortuna il razzo non è esploso e i tre sono stati investiti dalle pietre e dalla sabbia sollevati dall’impatto dell’ordigno. Secondo una nota del portavoce del contingente italiano in Afghanistan, tenente colonnello Francesco Tirrino, nessuno dei tre militari è in pericolo di vita, anche se uno dei tre è stato trasportato per precauzione e accertamenti nell’infermeria di Farah.

Decisamente più grave, invece, il bilancio dell’ennesimo caso di soldato afgano che ha aperto il fuoco contro militari dell’Isaf, uccidendone due, nella provincia di Laghman, nell’est del paese. Nel 2012 gli episodi di questo tipo sono aumentati e sono costati la vita a 42 soldati dei contingenti internazionali e circa 50 soldati afgani. La Nato di solito cerca di attribuire questi scontri a episodi locali, senza ammettere che in molti casi potrebbe invece trattarsi di insorti infiltrati nell’esercito o nella polizia afgana. La scorsa settimana, tuttavia, il comandante del contingente Nato, generale John Allen, ha ammesso che in effetti i talebani potrebbero essere responsabili di molti di questi episodi, tanto che il governo afgano è stato costretto ad annunciare una improbabile “revisione” delle schede personali dei 350 mila soldati al momento in forza all’esercito nazionale per cercare di capire se è possibile prevenire altri casi simili. Al di là della immediata efficacia militare, piuttosto limitata, questi attacchi colpiscono duramente il rapporto di fiducia tra l’esercito nazionale afgano e le truppe internazionali, che sono responsabili dell’addestramento dei reparti. Inoltre, minano anche la credibilità delle forze afgane che entro la fine del 2014 dovrebbero invece essere in grado, in base alla strategia della transizione decisa dalla Nato, di controllare tutto il paese e garantire la sicurezza dopo il ritiro delle truppe internazionali.

Ancora più grave il saldo dell’attacco subito da una base dell’esercito nazionale afgano nella provincia di Helmand, distretto di Washir: dieci soldati afgani sono stati uccisi e altri quattro feriti quando un numeroso gruppo di almeno 200 guerriglieri talibani ha assalito all’alba la base dell’esercito. Secondo un portavoce militare afgano, il colonnello Mohammed Ismail Hotak, che ha risposto alle domande dell’Agence France Presse, l’attacco sarebbe avvenuto con la complicità di alcuni soldati di stanza nella base, sei dei quali sono al momento ufficialmente “dispersi” ma non si esclude che invece abbiano disertato per unirsi agli insorti. Undici guerriglieri sono rimasti uccisi. I talebani hanno rivendicato questo attacco, così come la sparatoria a Laghman, mentre rimane senza alcuna rivendicazione un massacro avvenuto nei giorni scorsi sempre nella provincia di Helmand, la più turbolenta del paese, ma nel distretto di Musa Qala, uno di quelli controllati dagli insorti.

Diciassette persone, tutte civili, tra cui due donne sono state trovate decapitate. La notizia è stata data lunedì ma il massacro è avvenuto probabilmente domenica. Secondo la ricostruzione della polizia afgana, il gruppo sarebbe stato assalito durante una festa, mentre gli uomini guardavano uno spettacolo di danza, che i talebani più oltranzisti considerano proibita. Dahud Ahmadi, portavoce del governatore di Helmand, ha detto alle agenzie di stampa che “si tratta di un lavoro dei talebani”, anche se la componente più “nazionalista” dei turbanti neri, quelle cha fa riferimento al mullah Omar, ha da tempo lasciato da parte queste tattiche per concentrare i suoi attacchi contro le forze militari straniere e le forze armate afgane. Secondo un’altra versione dei fatti, invece, le 17 persone sarebbero state uccise perché impiegati locali dell’amministrazione pubblica e non per la musica.

Il fatto che l’attacco non sia stato rivendicato, però, impedisce di escludere che, nonostante la crudeltà dell’esecuzione, il massacro possa essere opera di banditi locali che hanno poi cercato di mascherare la loro azione.

di Joseph Zarlingo

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