Tempesta in arrivo sui cieli dell’Emilia Romagna. In Regione gli aeroporti che contano (Bologna in concreto) sono destinati ad aumentare per importanza e traffico passeggeri, gli altri sono a rischio dismissione.

È quanto emerge da un progetto che il ministro allo sviluppo economico Corrado Passera ha approntato assieme all’Enac e alle tre società di consulenza Nomisma, OneWorks e Kpmg. In verità il piano di riordino non è affatto nuovo: la sua prima stesura risale al 2011 e la seconda a marzo 2012, ma se ne torna a parlare ora perché potrebbe essere discusso già nel consiglio dei ministri di oggi. Intanto sono in corso i lavori che ne prevedono un ulteriore aggiornamento: saranno le tre società incaricate a presentarlo il prossimo anno.

Il piano prevede che vengano dimezzati gli aeroporti italiani: passeranno dagli oltre 60, attualmente operativi, a quasi la metà. E se in un primo tempo è prevista la riduzione a una quarantina di scali, l’obiettivo è quello di arrivare a soli 33. Il documento stabilisce altresì che alla soppressione degli aeroporti si accompagni l’implementazione delle infrastrutture degli scali ritenuti primari.

Lo scenario che si prospetterà prova a disegnarlo Vito Riggio, presidente dell’Enac: “Con questo schema definitivo gli investitori avranno la certezza di poter decidere su cosa e quanto investire nel settore mentre il Paese avrà modo di pensare a quali infrastrutture dovranno servire gli scali più importanti. Tutti gli altri aeroporti passeranno agli enti locali che decideranno se vorranno impiegare soldi pubblici per tenerli in vita”.

Per i piccoli scali dunque il futuro non è dei più rosei: per loro solo due alternative alla bufera in arrivo, o chiudere i battenti oppure cercare riparo sotto l’ala protettiva degli enti locali. La coperta però è corta e c’è il rischio che le Province, in discussione, e i Comuni non riescano a farsi carico di infrastrutture che quando non funzionano sono come pozzi senza fondo. L’esperienza infelice del Ridolfi di Forlì e del suo buco da 11 milioni di euro è un monito a non imbarcarsi in gestioni avventurose. Con le buche nelle strade cittadine, peggiorate dalle nevicate dell’inverno scorso, gli asili e le scuole con i controsoffitti che non tengono le piogge più forti, sarà difficile giustificare investimenti fatti con soldi pubblici per sostenere lo scalo locale.

In Regione il restyling targato Passera dovrebbe confermare la centralità del Guglielmo Marconi di Bologna, che si avvia a diventare aeroporto internazionale, riferimento strategico per il centro Nord e vettore di collegamento prioritario con la Toscana, grazie alla linea di treni ad alta velocità che collega i capoluoghi emiliano e toscano in appena 37 minuti e in appoggio agli aeroporti di Pisa (per i low cost con Ryan air) e Firenze per i voli business.

Dalla preponderanza di Bologna rischia di venire schiacciato il piccolo aeroporto Giuseppe Verdi di Parma, che dovrà cercare di rilanciarsi come scalo preferenziale per raggiungere Garfagnana e Lunigiana e come località a metà strada tra Milano e Bologna.

In Romagna Forlì dovrebbe configurarsi come “polo tecnologico aeronautico”, facendo da sponda al vicino istituto tecnico aeronautico “Francesco Baracca”, uno dei tre rimasti in Italia, assieme a quello di Roma e Catania.

Diversa la sorte dell’aeroporto di Rimini, amministrato dalla Aeradria spa, società che versa in difficoltà economiche. A tranquillizzare la gestione del Federico Fellini sono le parole del viceministro alle infrastrutture Mario Ciaccia, che ieri dal meeting ciellino di Rimini ha detto che Rimini “ha i numeri per stare in piedi da solo”. Ritengo –ha dichiarato il viceministro al quotidiano online Newsrimini- che Rimini abbia potenzialità enormi: non a caso i dati del traffico parlano di 1 milione di passeggeri e anche il traffico cargo è in aumento. È uno degli aeroporti –prosegue Ciaccia- che stimo possa rientrare fra quelli di interesse nazionali”.

Ottimista sul piano di riordino degli scali è Massimo Masini, presidente di Aeradria: “Io sono convinto –afferma- che, rispetto alle categorie previste dal piano, Rimini nel 2013 salirà di livello e diventerà uno degli scali primari. L’aeroporto dovrebbe mantenere il suo volume di traffico garantito dai voli charter e dal traffico turistico, grazie soprattutto all’arrivo di tantissimi russi. “È quello che volevamo –ha commentato il presidente della Provincia di Rimini Stefano Vitali-. Noi diventiamo lo scalo di riferimento per il territorio del mare”.

Il bilancio futuro di Aeradria dipenderà soprattutto dagli accordi che la società riuscirà a negoziare con Ryanair, la compagnia low cost più importante d’Europa, che l’anno scorso al Fellini ha movimentato un traffico di 130 mila passeggeri. La trattativa infatti è in una fase delicata e il rinnovo non è scontato, tant’è che dal 23 settembre i voli potrebbero essere sospesi. Rimini chiede alla compagnia irlandese di essere collegata con località del nord Europa, quelle che fanno prevedere un forte numero di viaggiatori interessati a fermarsi in Riviera, beneficiando così di tutto l’indotto locale. Intanto fa sperare l’interessamento della compagnia Livingston a coprire le tratte da e per Rimini della fallita Windjet, sempre che Enac dia il suo via libera.

“Aeradria però deve essere ricapitalizzata” e su questo punto sono concordi Cgil e Cisl che ammoniscono sul fatto che non bisogna assolutamente perdere altro tempo e chiedono un incontro in Prefettura, nel quale intendono denunciare la scarsa efficienza e incisività di Comune, Provincia e Camera di commercio.

Per stare sul mercato dei cieli italiani occorrono strutture adeguate e indipendenza economica dallo Stato. Per Rimini la sfida è aperta nell’anno in cui dovrebbe mettere a segno l’ambizioso traguardo di 1 milione di passeggeri. Ci vorrà accortezza e capacità gestionale. Sarebbe un peccato chiudere i gate proprio ora che il Fellini sembra decollare.

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