Cento giorni. Oggi, martedì, sono trascorsi i primi 100 giorni della rivoluzione «rose» di Parigi, dal ritorno dei socialisti all’Eliseo. Come se l’è cavata François Hollande? Ha realizzato il grosso dei progetti previsti per questa prima fase, ma non tutti. Apprezzato dall’opinione pubblica per il suo low profile così poco sarkozysta, comincia comunque a calare nei sondaggi, tra i sospetti di una presunta ‘mollezza’. Lo aspetta una rentrée difficile, all’inizio di settembre, fra crisi dell’euro, recessione e tagli alla spesa pubblica.

   Le (numerose) promesse mantenute – Cominciamo, appunto, dai progetti realizzati tra quelli inseriti nell’«agenda du changement», una lista di obiettivi (resa pubblica da Hollande il 4 aprile scorso, in piena campagna elettorale), da centrare entro 100 giorni dall’elezione. Il neopresidente ha in sostanza già smantellato tutto un complesso di privilegi lasciati in eredità dal predecessore. Lui aveva ridotto la patrimoniale (Isf), Hollande l’ha appesantita. Non solo: ha ritoccato verso l’alto le imposte pagate sulle grosse eredità. L’Iva sociale, uno spostamento dei contributi sociali sull’imposta relativa al valore aggiunto (cioè, dalle imprese direttamente sul gobbone dei consumatori), fatta passare da Sarkozy a fine mandato, è stata abrogata dal nuovo inquilino dell’Eliseo, già prima dell’entrata in vigore. Se Sarkozy, subito dopo la vittoria, nel 2007, aveva concentrato tutte le sue energie su uno scudo fiscale che alleggeriva notevolmente le tasse dei super ricchi Hollande si è rivolto altrove: ha accresciuto del 2% lo Smic, il salario minimo previsto dalla legge; ha fatto passare un decreto contro il caro-affitti e un altro per limitare (a 450mila euro lordi annui) gli stipendi massimi dei manager delle aziende pubbliche. E ha riportato giù a 60 anni l’età pensionabile di chi ha già alle spalle una lunga carriera lavorativa.

   Le sfide della rentrée – Mancano, però alcune promesse all’appello tra quelle dell’«agenda del cambiamento»: rinviate a settembre. Se finora Hollande ha proceduto alla distruzione del sarkozysmo, l’opera tutto sommato più facile, resta adesso da portare avanti la fase costruttiva. Ad esempio, una riforma fiscale complessiva, per eliminare una volta per tutte gran parte delle «nicchie fiscali» (gli sgravi concessi a svariate categorie privilegiate) e per introdurre l’aliquota promessa da Hollande del 75% su ogni reddito personale che ecceda il milione di euro lordi annui: una misura al centro di mille polemiche. Altra promessa inevasa (e altamente ostica): il blocco del prezzo dei carburanti per tre mesi. Queste misure passeranno in concomitanza alla finanziaria 2013, da discutere in una fase in cui la disoccupazione ha ormai toccato il 10% e durante l’autunno che, pure in Francia, ha appena confermato la banca centrale, porterà la recessione. Altro punto del programma presidenziale dei 100 giorni per ora irrealizzato: la riforma bancaria, così da separare le attività retail da quelle arcispeculative di investment bank. Su questo i colossi del credito appaiono agguerriti.

   Europa e Siria, le due facce della politica estera – Ma non è su quanto illustrato finora che si appuntano le maggiori critiche dell’opposizione, dominata dall’Ump, il partito di centro-destra. Anche perché, lo abbiamo visto, il presidente socialista e il suo esecutivo, sotto la guida di Jean-Marc Ayrault, di cose ne hanno fatte. L’Ump se la prende con l’«attendismo» di Hollande in politica estera, che tanto stride con quello che era l’ansiogeno iperattivismo di Sarkozy. Come indicato ieri dall’ex premier François Fillon in un’intervista al Figaro, Hollande dovrebbe prendere subito un aereo per Mosca e convincere Putin a dire al suo amico Assad di mettersi da parte. Sulla tragedia siriana, in effetti, Parigi appare debole e incerta. Hollande è stato più all’altezza della situazione nella crisi dell’euro: senza il suo appoggio, a fine giugno, a Bruxelles, Monti non sarebbe riuscito a «piegare» la Merkel. E a imporre la crescita come priorità dei 27.

   L’idillio coi francesi si sta esaurendo – Ma al di là delle schermaglie tra i partiti cosa ne pensano i francesi del loro Presidente dopo i primi 100 giorni? L’ultimo sondaggio, dell’istituto Ifop, giudicato affidabile, indica un inizio di delusione: il 54% degli intervistati si è detto insoddisfatto dell’operato del neopresidente. Ma il 57% lo ha definito «capace di mantenere le promesse elettorali». L’impressione è che ci siano ancora stima, anche per le misure prese riguardo agli stipendi suoi e dei suoi ministri (un taglio del 30% subito dopo l’elezione), e rispetto per la moralità del personaggio, lontano anni luce dal sarkozysmo, dai suoi lussi ostentati e dalle sue esagerazioni. Ma proprio questo stile «normale», low profile e rispettoso, che ha fatto la sua fortuna rispetto al precedessore, «più ci si allontana dalle elezioni – ha sottolineato il sociologo Denis Muzet a Le Monde – e meno sarà una risposta sufficiente». Non basta. Ora i francesi vogliono di più.

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