La provincia di Modena aveva promesso lo smantellamento entro l’inverno del 2010. Invece, a distanza di due anni, sono ancora lì, a San Cesario sul Panaro, abbandonate nel cortile dell’azienda di smaltimento Emiliana Demolizioni. Le chiamano le “montagne lucenti”. Cumuli di cocci di vetro alti più di 10 metri, e tanto grandi da essere visibili a occhio nudo da chi percorre l’autostrada A1 tra Bologna e Modena. Un incubo secondo gli abitanti del piccolo paese nel modenese, che denunciano disturbi agli occhi e alle vie respiratorie. Un chiodo fisso per Legambiente, che da oltre 10 anni ne chiede lo smaltimento.

“Nel 2010 – denuncia Sabina Piccinini, del circolo Legambiente di San Cesario sul Panaro in un video diffuso online in questi giorni– gli enti locali promisero alla Commissione europea di azzerare uno dei due siti di stoccaggio, entro dicembre dello stesso anno. Oggi, dopo due anni, è ancora tutto qui. Non è cambiato nulla”. Da molto tempo Legambiente si fa portavoce delle denunce di coloro che abitano delle vicinanze della ditta: “Lamentano bruciore agli occhi e problemi alle vie respiratorie, per via delle polveri di vetro diffuse nell’aria. Le stesse che si accumulano sui balconi delle case”.

Nata nel 1976, la Emiliana Rottami di San Cesario ha ottenuto l’appalto da Hera per il ritiro del vetro dalle campane della raccolta differenziata, distribuite in tutta l’Emilia Romagna e in gran parte del Nord Italia. Il vetro di bottiglie, vasi e oggetti vari viene triturato e ammassato nei cortili dei due stabilimenti della ditta modenese, quello di via Verdi (visibile dall’autostrada) e quello di via Bovino. In tutto quasi 75 mila tonnellate di rifiuti, accumulate in gigantesche montagne luccicanti, alte anche più di dieci metri e lasciate all’aperto senza una copertura per proteggere i cocci dal vento, evitando così la dispersione nell’ambiente delle polveri di vetro.

E infatti le analisi svolte negli ultimi mesi dall’Arpa, l’agenzia regionale per l’ambiente, hanno rilevato la presenza di particelle di “natura vetrosa” nell’aria. Mentre secondo l’Università di Modena e per il Dipartimento di sanità pubblica, un collegamento diretto tra le attività dei siti di stoccaggio e i disturbi degli abitanti si San cesario non si può dimostrare ma nemmeno escludere. La ditta si difende, attribuendo la responsabilità dell’individuazione di un nuovo sito a Regione e Provincia, e negando ogni rischio per la salute.

Intanto, dopo un procedimento a carico del patron della ditta, Piero Goldoni, finito con il pagamento di una multa di 100 euro, e un primo intervento della Commissione europea nel 2009, che aveva avviato un’indagine sul rispetto della normativa comunitaria, da Bruxelles è arrivata alle autorità italiane una nuova richiesta di chiarimenti. “Potrebbe essere l’occasione per trovare una soluzione definitiva” suggerisce Legambiente, che chiede anche l’adozione di alcuni accorgimenti, come l’installazione di barriere protettive di 5 metri, un limite massimo di altezza fissato a 7,5 metri, e l’obbligo di bagnare i materiali per scongiurare la dispersione nell’aria.

Finora, nonostante gli esposti e le proteste di cittadini, ambientalisti e istituzioni (il caso è approdato anche in Parlamento, grazie a un’interrogazione del senatore del Pd, Francesco Ferrante, all’ex ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo) poco si è mosso. Soprattutto le montagne lucenti, rimaste sempre immobili al loro posto, e su cui hanno cominciato addirittura a crescere delle piante spontanee. “Stiamo vivendo un’esperienza ambientale unica in Italia: papaveri che crescono sul vetro”, conclude amara Piccinini. 

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