“Senza dubbio il nostro tempo preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere. Ciò che per esso è sacro non è che l’illusione, ma ciò che è profano è la verità. O meglio, il sacro si ingrandisce ai suoi occhi nella misura in cui al decrescere della verità corrisponde il crescere dell’illusione, in modo tale che il colmo dell’illusione è anche il colmo del sacro (Feuerbach, Prefazione alla seconda edizione de L’essenza del Cristianesimo).
Dopo le profetiche parole di Feuerbach, prendendo atto che molti letterati, filosofi e poeti avevano capito e previsto come sarebbe andata a finire questa corsa scellerata al progresso e allo sviluppo liberisti, vediamo cosa suggeriva  al livello economico il noto scrittore d’epoca vittoriana, George Gissing.
Gissing (1857-1903), noto scrittore inglese ed esponente del realismo vittoriano, nacque da una famiglia della classe media ed  ebbe una carriera universitaria brillante. Al culmine della sua carriera arriva il guizzo geniale che evita di confinare il nostro eroe ad una vita piatta e banale:  s’innamora perdutamente di una prostituta, Marianne Helen Harrison. Gissing, trasportato dall’amore, vuole redimere la vita della sua Marianne  procurandole un lavoro quindi le compra una macchina per cucire. Ma dove trova i soldi?  Ruba del danaro ai suoi compagni! Scoperto ed espulso, viene condannato ad un mese di lavori forzati . Dopo varie peripezie negli Usa, dove si manteneva scrivendo racconti, torna in Inghilterra e finalmente sposa la sua Marianne e inizia a scrivere ottimi romanzi. Gissing, che a quanto pare aveva a cuore una vita intensa, era un fervido sostenitore della giornata lavorativa più breve. Questo tipo di  “rivoluzione” avrebbe comportato una migliore qualità della vita per tutti pur avendo meno stipendio a disposizione. “Si può essere felici anche senza rincorrere l’utile e il denaro”.
Ecco come argomenta il romanziere la sua teoria : “E’ totalmente assurda quest’idea di destinare giorni singoli a grandi festività pubbliche. Non produrrà mai altro che danni. Ciò che vogliamo è una riduzione delle ore lavorative durante tutto l’anno, cosicché, per esempio, ogni attività lavorativa termini alle quattro del pomeriggio in punto. Allora l’idea delle ore di tempo libero diverrebbe familiare alla gente, che imparerebbe a farne un uso sensato. Naturalmente questo è impossibile finche lavoreremo per amore del lavoro. Tutto il lavoro del mondo, tutto quello che è realmente necessario per la salute e l’agio e persino per il lusso dell’umanità, potrebbe essere eseguito in tre o quattro ore al giorno. Se c’è un eccesso di lavoro è solo perché c’è un eccesso di venalità. Ogni uomo sente di dover competere con il suo vicino per vivere e, il droghiere che tiene aperta la sua bottega fino a mezzanotte e mezzo ha un vantaggio su quello che chiude alle dodici. Il lavoro in se non è un fine; è solo un mezzo; ma ai nostri tempi ne facciamo un fine, e tre quarti del mondo non riescono a capire nient’altro”.
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