Episodio 1

A me ormai, superati i 30, sono rimasti i casi umani. Non è vittimismo, è la Grande Città. Nei paesini, prima o poi tutti si accoppiano , sembra sempre che vengano su in numero pari : a ognuno il suo. Qui è diverso: si vive nelle case condivise fino a 45 anni, ci si sposa, si convive, ci si separa e si torna a fare le lotte per dividere i ripiani del frigo in una danza metropolitana estenuante. Siamo campioni di adattamento: posso citare almeno 50 modi diversi di fare i turni delle pulizie e 100 scuse per non averli rispettati. Così anche uscire con qualcuno diventa articolato, ci sono un sacco di cose essenziali da sapere prima. Tipo, prendi sempre la tua macchina, o motorino, o tessera dei mezzi pubblici, o digli che vuoi un figlio. Sicuramente tornerai a casa da sola.

Ieri sera sono uscita con uno scrittore. Mi ha invitata lui. Ancora prima di decidere dove dovevamo incontrarci si era perso per strada. Dieci anni che vive qui, ma non si orienta. Con me è stato lo stesso, non si è per niente orientato. Intanto a tavola mi ha fatto bere da sola, dicendomi che era un alcolizzato: Frege ci fa una sega con i suoi postulati sulla corrispondenza logica.“Ah, vuoi dire che non bevi perchè sei in cura ?”“Si seguo una terapia di gruppo ma senza lo psicologo, ci sentivamo troppo seguiti, troppo giudicati.”“Cioè come funziona ? Vi sedete in circolo e vi scambiate le ricette dei cocktails che vi vengono meglio?”

Poi siamo passati alla condivisione delle esperienze di vita durante la passeggiatina a distanza ravvicinata: non sai se prenderlo a braccetto perché hai paura di essere troppo accogliente, non puoi camminare dietro perché dopo una certa età è impossibile che gli uomini abbiamo un bel culo (almeno la categoria che attraggo io) e se lo superi di qualche passo non riesci a seguire i discorsi perché sei impegnata a ricordare se l’abito che tu indossi mantiene le sue promesse. Diventa difficile stare al passo, quindi di solito si sceglie un posto dove sedersi ed è in questo momento che si sfoderano le armi migliori.

Ti vengo vicino, ti siedo accanto e non davanti, ti guardo negli occhi e poi, no, non posso baciarti. È perché puzzo di alcol maledetto deficiente? Penso. Ma le sue parole riescono a sorprendermi ancora di più. Non posso baciarti, perchè leggi quello che scrivo, quindi è già come se mi sentissi nudo accanto a te. Mi conosci già, in un certo senso è come se avessimo fatto l’amore. Ed è lì, proprio in quel tavolino di legno, che vorresti vedere il suo cranio esplodere come una supernova sotto i tuoi fendenti inferti con il boccale della Guinness, ma le convenzioni sociali ti impediscono anche solo di urlargli contro quanto lui sia uno che la figa non è che gli piace, “ gli piacerebbe”.

Perché sei una signora. Perché sei una donna single, fiera e orgogliosa e di battaglie così nei hai centinaia sulle spalle.  In questi momenti solo una cosa riesce sempre a darmi sollievo: il tintinnio che proviene dalla borsa quando me la metto sulle spalle mentre mi volto, il portachiavi della macchina. 

 

Francesca Piccoletti 

Il Misfatto, inserto satirico de Il Fatto quotidiano, domenica 5 agosto 2012 

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