Un giorno, ormai immemore, a Mediaset capirono: è più facile non dare una notizia che manipolarla. Vuoi mettere, la fatica. E così avanzò il modello varietà e nullità: salottini, filmini, giochini. Belle facce, avanti e indietro. Spensierati. L’informazione che emanava la Rai, amici sempre amati, era perfetta: certo, qualcuno dava fastidio, però il coro dei Vespa e dei Floris suonava bene. Cacciato Enrico Mentana, che si permise di contestare la linea editoriale, arrivò l’americano con mamma veneziana e papà messinese, Alessio Vinci.

Non è stato velocissimo. Ha impiegato tre anni per distruggere Matrix. Ma più rapidamente ha provocato la fuga dei migliori redattori. Ha un bel contratto, ottimi agganci, e soprattutto ha svolto la missione in maniera esemplare: tutti si ricordano di Matrix soltanto per l’intervista sdraiata a Silvio Berlusconi e quella inchinata al comandante Francesco Schettino. Apprezzato per i balletti con Alfonso Signorini, l’azienda l’ha premiato, finalmente: andrà a condurre il pomeriggio di Canale 5, un contenitore che può ospitare qualsiasi personaggio e qualsiasi cavolata, e dunque un Vinci non fa mica difetto. Le notizie di Canale 5, scusate le parole eccessive, sono affidate al gruppo fanteria del telegiornale. Mani callose, rodate e abbastanza disastrose con gli ascolti. Ma non ditelo al direttore Clemente Mimun, che poi si offende.

Il dramma del Biscione è profondo: sono costretti a fabbricare un’idea, e non possono nemmeno rivolgersi a Pier Silvio Berlusconi. Vanno capiti, sentono la fretta. Perché La7 continua a riempire il palinsesto con vagonate di programmi e la Rai, consegnata ai tecnici, potrebbe persino svegliarsi o quantomeno muovere un arto. A Mediaset sono preoccupati per il bilancio, non ci sono più i guadagni di un tempo e, per la prima volta in vent’anni, dovranno azzerare gli investimenti, dopo averne sbagliati parecchi. Il digitale terrestre non funziona, il campionato italiano e le coppe europee d’estate fanno la muffa, e gli abbonamenti non crescono mentre il calcio scoppia o riposa. Gli Europei a giugno e le Olimpiadi a luglio-agosto segnano la differenza con il servizio pubblico (anche se li trasmette malissimo) e il satellite di Sky.

La campagna acquisti di Mediaset è identifica a quella del Milan: non riescono a comprare, non possono neanche spendere molto. S’accontentano di usati sicuri o nuovi insicuri. Hanno diretto il carrello verso La7, quasi disperati, ma sono tornati senza fare la spesa. La raccolta pubblicitaria perde oltre il 20 per cento, e non c’è più benzina per tentare un allungo. Il Biscione resta fermo oppure scambia le pedine: toglie Vinci, mette il Tg5. E sono convinti che qualcuno noterà il cambiamento, bontà loro. Rimpiangono l’Eros olimpico che invade le concorrenti. L’Eros che resiste, persino in Rai, nonostante la lontananza e la confusione. Oggi Mediaset può addirittura invidiare viale Mazzini. Chi l’avrebbe mai detto?

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