È l’estate del 1965 e l’America si trova nel bel mezzo della British Invasion, quel fenomeno musicale legato soprattutto ai generi rock, beat e pop, che consiste in un vero e proprio capovolgimento di fronte. Perché, per quel che riguarda il rock e i generi collegati, fino ad allora era stata la musica originaria degli Stati Uniti ad avere un netto predominio e una netta influenza sulla musica d’oltreoceano.

Le classifiche americane, sull’onda del successo commerciale dei Beatles, esplosi dopo l’apparizione all’Ed Sullivan Show nel febbraio del 1964, vengono monopolizzate da un’orda di gruppi inglesi. Nel Nuovo continente, sbarcano band rock come i Rolling Stones, i Kinks e gli Animals o comparse marginali, ma comunque memorabili, come gli Hollies, i Searchers e i Troggs cheinvadono la scena musicale e i giovani americani impazziscono letteralmente per i loro riff, le loro armonie vocali e le melodie orecchiabili.

Benché rapito dalle chitarre dei Beatles e degli Stones, un giovanissimo Lou Reed, che vive a New York City e lavora come compositore su commissione per la piccola etichetta di musica commerciale, la Pickwick Records, è più interessato alle parole che alle melodie. Si propone, infatti, di scrivere musica rock profonda e intransigente come la migliore letteratura, capace di toccare e sconvolgere il pubblico. Non gli interessa assecondare i ragazzini distratti, o gridare “I feel fine” e nemmeno dire “I can’t get no satisfaction”. Solo anni dopo rivelerà il suo desiderio di “realizzare nella mia musica il grande romanzo americano. Ogni disco è un capitolo”.

E con i suoi Velvet Underground prima, e da cantante solista in seguito, assume innumerevoli forme, dal Glam al Punk, dalla New Wave al Dark, dal Noise all’Alternative, fino a incidere un album con i Metallica, diventa e continua a esserlo, fonte d’ispirazione per chi considera il Rock una forma d’arte. Ed è grazie all’alchimia che raggiunge nel modo di combinare musica e letteratura, e al suo approccio alla scrittura dei testi che riesce a segnare profondamente il modo di fare e concepire il Rock. Parole accompagnate da una musica cupa, a tratti monotona che sono tutto quello che la scena pop dell’epoca non è. Contribuendo a creare quell’“ambiente mediatico complesso”, grazie a canzoni su dipendenza (in Waiting for my man e in Heroin), sesso perverso (Venus in furs) e violenza  (There she goes again). Temi come quello della morte e della decadenza che, soprattutto tramite i Velvet Underground diventano temi graditi al Rock and Roll.

Raccontare i testi più importanti di Lou Reed significa ricostruire la storia di uno sguardo – scrive Paolo Bassotti autore di “Lou Reed – Rock and Roll” – Testi commentati (Arcana Edizioni) – I suoi occhi hanno catturato la fantasmagoria della Factory di Andy Warhol e il fascino pericoloso dei bassifondi, hanno osato guardare la faccia più spaventosa dell’amore e del desiderio, hanno smascherato la violenza della famiglia e dell’America benpensante, per arrivare poi, ormai carichi di esperienza, a contemplare le ingiustizie sociali e gli impenetrabili misteri della morte”. E in un volume di quasi 500 pagine, Bassotti riesce a proiettare in un’altra epoca raccontando – partendo dai testi delle canzoni – fedelmente il mito, la leggenda, la ribellione, la disperazione. Tutto quel che lo sguardo attento – dietro un paio di Ray Ban – di un mito del rock è riuscito a catturare.

Paolo BassottiLou Reed – Rock and Roll” – Testi commentati
Arcana Edizioni
pag. 450
Euro 19,50

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