Un team di ricercatori degli Istituti di chimica biomolecolare e cibernetica del Cnr ha infatti individuato il meccanismo molecolare in grado di bloccare la crescita del glioblastoma, la neoplasia più maligna del sistema nervoso centrale, che in Italia colpisce oltre 7 mila persone, soprattutto over 50. Lo studio, pubblicato su Nature Medicine, ha rivelato come nei giovani le cellule staminali nervose inducano la morte di quelle tumorali. “Il cervello più giovane – spiega Vincenzo Di Marzo dell’Icb-Cnr, coordinatore del gruppo – riesce a proteggersi dalla minaccia dei tumori grazie a una serie di strategie messe in atto dalle cellule staminali nervose. Queste, infatti, riescono a migrare verso le cellule tumorali di glioblastoma multiforme e a produrre specifici mediatori lipidici, gli endovanilloidi, in grado di indurre la morte programmata o apoptosi attivando i recettori dei vanilloidi, chiamati TRPV1, presenti in grandi quantità sulla superficie delle cellule tumorali”. Questa scoperta spiegherebbe perché il glioblastoma è quasi del tutto assente nei soggetti giovani, “mentre è più frequente negli anziani, che hanno una produzione più bassa di cellule staminali nervose”, aggiunge Di Marzo. “Con l’avanzare dell’età, l’incidenza del glioblastoma aumenta e parallelamente diminuisce il numero di tali cellule, deputate a migrare laddove è richiesta la produzione di nuovi neuroni o cellule gliali in caso di patologie neurologiche e psichiatriche”.

Da qui, l’idea di utilizzare un modello animale in grado di ricreare la stessa autodifesa nel cervello dei topi adulti, iniettando nel tumore un vanilloide sintetico chiamato ‘arvanil’, precedentemente sviluppato da Di Marzo, in grado di attivare TRPV1 e bloccare la crescita tumorale. “Ovviamente i dati davranno trovare conferma nell’uomo prima di usare contro il glioblastoma tali attivatori sintetici o naturali (i recettori TRPV1 sono gli stessi della capsaicina, principio pungente del peperoncino rosso). In futuro si potrebbe pensare a una strategia più efficace coniugando ‘arvanil’ e ‘temozolomidè, l’agente chemioterapico più usato, a cui molti glioblastomi però sono resistenti”, conclude l’esperto. La ricerca nasce dalla collaborazione tra l’Endocannabinoid Research Group dell’Istituto di chimica biomolecolare (Icb-Cnr) e dell’Istituto di Cibernetica (Icib-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli, il Max Delbruck Institute di Berlino e la Ludwig Maximilians University of Monaco di Baviera.

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