Parole inequivocabili e un gesto dimostrativo che sembra un avvertimento. Nel giorno dell’anniversario della nascita di Benito Mussolini davanti alla sede di CasaPound a Parma è comparso un manichino “impiccato” con le sembianze del Duce.

La sagoma di cartone, fotografata dal sito di informazione Parmatoday, era appesa dalla parte dei piedi al cartello stradale di via Mascherpa, all’incrocio su cui si affaccia l’ingresso dell’associazione di estrema destra. Ad accompagnarla, due striscioni riferiti, più che alla nascita di Mussolini, alla sua morte: “A Piazzale Loreto c’è ancora posto” e “Cento di questi giorni”.

Così si è svegliato questa mattina il quartiere Montanara, storica roccaforte “rossa” che negli ultimi anni è diventato anche teatro delle tensioni tra i militanti del gruppo di estrema destra e comitati antifascisti che chiedono la chiusura della sede. E sono stati proprio i residenti della zona i primi a volersi liberare in fretta di quei simboli, che già nel primo pomeriggio erano spariti.
 “Quando siamo arrivati nella sede dell’associazione oggi pomeriggio, come tutti i giorni – ha raccontato Pier Paolo Mora, coordinatore provinciale di CasaPound Parma – non c’era niente. Abbiamo visto solo gli striscioni strappati, ma non siamo nemmeno riusciti a leggere quello che c’era scritto”. Gli abitanti di via Jacchia, vicini di casa dell’associazione che è lì dal 2009, hanno raccontato che alcuni cittadini, turbati da quella visione, hanno fatto sparire il manichino e staccato gli striscioni, distruggendoli.  “E’ vero che il Montanara è un quartiere storicamente di sinistra  – continua Mora – Ma noi non facciamo nulla di male, e i residenti sono più che altro infastiditi da queste cose. Ad esempio, quelli che abitano sopra la nostra sede, devono convivere con gesti come questi, o con i muri perennemente imbrattati di scritte”.

Sui responsabili della messa in scena, Mora non ha dubbi, visto che non è la prima volta che il suo gruppo finisce nel mirino degli antifascisti con simili dimostrazioni. Il fantoccio di Mussolini nell’anniversario della sua nascita era già comparso davanti alla sede dell’associazione nel 2010.

“E’ una cosa che non ci tocca minimamente e sicuramente non ci facciamo spaventare – aggiunge, riferendosi poi agli antifascisti – Sono le solite trovate che fanno e continueranno a fare finché ci sarà qualcuno che glielo permette”.
Neanche un mese fa, il 30 giugno, tra le strade del quartiere in centinaia avevano sfilato per chiedere di mandare via i ragazzi di via Jacchia dopo l’aggressione al circolo Arci Minerva del 12 maggio, che aveva visto i militanti di estrema destra scontrarsi con gli antifascisti del Comitato Montanara. E Mora ha un’idea precisa sull’accanimento che nell’ultimo periodo c’è stato contro CasaPound a Parma. “Sicuramente il fatto che nell’ultimo anno abbiamo triplicato gli iscritti in città, ha infastidito le associazioni antifasciste. Ora abbiamo circa 150 iscritti, che è un grande risultato”. Anche per gli episodi di violenza di maggio e per la seguente campagna contro il gruppo, il coordinatore ha una spiegazione: “E’ stato il mese in cui ci siamo attivati in aiuto ai terremotati dell’Emilia Romagna, togliendo a loro l’esclusiva sul sociale a livello locale”. 

In tanti, tra associazioni e comitati locali, negli ultimi tempi si erano schierati contro la permanenza dell’associazione nella città medaglia d’oro alla Resistenza, e addirittura la senatrice del Pd Albertina Soliani, rimasta coinvolta negli scontri del 12 maggio, aveva presentato un’interrogazione urgente al ministro degli Interni. In realtà, la convivenza con gli abitanti del quartiere Montanara secondo CasaPound è del tutto normale, come quella di altre associazioni. “Alla gente interessa più quello che facciamo che le nostre radici politiche – chiarisce Mora – Noi andiamo avanti per la nostra strada, ma chi usa parole inappropriate nei nostri confronti, come la senatrice Soliani, dovrà rendersi conto che sono accuse molto gravi di cui dovrà rispondere”. Proprio nei giorni scorsi CasaPound aveva sporto querela nei confronti della senatrice del Pd per diffamazione a mezzo stampa.

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