Vado pazza per gli appelli, sul serio; li amo, ne firmo a casse. Contro la caccia, per la differenziata, contro la discriminazione dei disabili, per l’estensione della banda larga. Mi mobilito, solidarizzo, mi impegno, mi tasso, mi metto a disposizione.

Il mondo degli appelli e delle raccolte firme cui fornire il sostegno del proprio nome è un mondo virtuoso, inclusivo, responsabile, civile, di volta in volta indignato o commosso, ansioso o melanconico. Chiede poco: uno scarabocchio, due minuti per leggere 20 righe, raramente qualche soldo. Offre poco: il ricordo di un’appartenenza, l’ombra di un illusione, tracce di antiche superiorità morali.

Eppure, ogni giorno, in questi tempi di sgangheratezza generale, gli appelli si moltiplicano. L’ultimo ha un titolo irresistibile: “Fermare il declino”. Come non essere d’accordo? Non è “a firma libera”, nè “vip only”, bensì a “crème de la crème” (accademici, imprenditori, associazioni culturali).

Certifica il fallimento della classe politica emersa dalla crisi del 1992. Propone merito, mobilità sociale, libera iniziativa, onesta competizione, obbiettiva professionalità.
Magnifico: e che cosa dobbiamo fare per ottenerle? Niente. Se staremo buoni, le troveremo sotto l’albero.

Il Fatto Quotidiano, 29 Luglio 2012

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