“Dopo intense consultazioni, noi repubblicani irlandesi e alcune organizzazioni impegnate in azioni armate contro l’esercito e la polizia della corona britannica ci riuniamo tutti sotto una struttura unificata, con un’unica leadership, per costituire l’esercito repubblicano irlandese. Siamo ancora intenzionati a ottenere quei risultati presi con la Proclamation del 1916”. Questo il succo del comunicato giunto ai giornali britannici, in cui alcuni gruppi di dissidenti – ma un paio di giornali inglesi già li chiama “gruppi del terrore” – annunciano che riprenderanno le ostilità nell’Irlanda del Nord. Il comunicato parla anche di “autodeterminazione” e del fatto che “è il Regno Unito, e non noi, a provocare e a spingerci alla lotta”.

La nuova IRA è stata ricostituita dalla Repubblican Action against Drugs, un gruppo che si propone di “sradicare” il problema della droga nella città di Derry e dintorni, e da due movimenti indipendenti inclini alla lotta armata. Così, dopo l’accordo di pace del 1998 chiamato “Good Friday”, è la prima volta da allora che una parte dei repubblicani irlandesi cerca di risalire alla ribalta e di organizzarsi in un movimento di opposizione. Secondo il Guardian, gli uomini a farne parte sarebbero “diverse centinaia”. Fra questi, appunto, anche quelli del movimento contro la droga, che è stato coinvolto negli ultimi anni in sparatorie contro spacciatori e consumatori di droga e, sempre secondo il quotidiano inglese, avrebbe costretto alla fuga da Derry e all’esilio decine di giovani dalla vita già complicata. Nel comunicato, gli attivisti si dichiarano “repubblicani non conformisti”. E rimane il dubbio su che cosa si baserà, d’ora in poi, la loro voglia di non rispettare le regole del conformismo britannico.

“Negli ultimi anni – continua il comunicato – l’instaurazione di una libera e indipendente Irlanda ha sofferto a causa del fallimento della leadership del nazionalismo britannico e a causa di fratture interne ai repubblicani. Il motivo alla base del conflitto nel nostro paese è la mancanza di auto-determinazione e questo problema deve essere ancora risolto. I repubblicani non conformisti sono soggetti a violenze, arresti e soprusi da parte delle forze della corona. Altri sono stati costretti a vivere chiusi dentro casa. Così, fino a quando il Regno Unito continuerà a negare il nostro diritto all’indipendenza, le nostre azioni di disturbo continueranno”. La finta pace a Belfast e dintorni rischia, quindi, di diventare ancora più posticcia. E le contraddizioni tutte interne a una Irlanda del Nord che da una parte si sente britannica e dall’altra pienamente irlandese rischiano di venire fuori con tutta la loro forza. Sotto il mirino degli indipendentisti, secondo la stampa britannica, caserme di polizia, filiali della Ulster Bank e alcune strutture che stanno per essere inaugurate nella città di Derry, che nel 2013 sarà città della cultura, secondo chi protesta “una vera e propria normalizzazione sotto il vessillo del Regno Unito monarchico”.

Le fratture interne ai repubblicani, comunque, ci sono tutte. Soprattutto fra chi si è opposto al processo di pace e lo Sinn Féin, che ha seguito in questi ultimi anni una strategia più “politica”. E gli indipendentisti, ora, chiedono anche l’arrivo nell’Irlanda del Nord di “osservatori internazionali”, perché, secondo loro, “la situazione rischia di diventare troppo frizzante”. Soprattutto nei confronti di quelli che gli attivisti repubblicani reputano dei “venduti”. Fra le ultime vittime degli attentati, infatti, ci sono cattolici che avevano preso parte alla polizia dell’Irlanda del Nord. Che, chiaramente, dipende da Londra. Come Ronan Kerr, ucciso nell’aprile del 2011. O come Peadar Heffron, gravemente ferito nel gennaio del 2010 da una bomba piazzata all’interno della sua casa ed esplosa nel tragitto fra casa e lavoro, la centrale di polizia.

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