Inossidabile allo scorrere degli anni e altrettanto fermo nelle sue convinzioni, l’ottantaseienne Bernardo Caprotti non ci sta a perdere il controllo della sua Esselunga, la più importante catena italiana di supermercati non cooperativa. Neanche se ad acquisirla siano i figli, per la verità mai troppo amati. L’autore del best seller ‘Falce e Carrello’, che si scagliava contro il sistema Coop e per il quale è stato condannato per “illecita concorrenza a causa di denigrazione ai danni di Coop Italia”, ha invece vinto una battaglia per lui ben più importante: il lodo arbitrale attivato lo scorso aprile che lo vedeva contrapposto agli “eredi” Violetta e Giuseppe, avuti dalla prima moglie Giulia Venosta.

Il collegio arbitrale, presieduto dal giurista Ugo Carnevali e composto da Pietro Trimarchi per Caprotti senior e Natalino Irti per i figli, ha dato ragione alle sue pretese, che il patron dell’impero dei supermercati da oltre 6 miliardi di fatturato ha tenuto a sottolineare con un comunicato che non è sbagliato definire muscolare, se si pensa che è rivolto a parte della sua famiglia. “Bernardo Caprotti -si legge – è il dominus di Esselunga e della stessa può disporre nel rispetto delle leggi che governano il Paese”. E ancora: Bernardo Caprotti “ha esercitato i suoi diritti secondo i patti sottoscritti con i figli”. Che non hanno tardato nel rispondere: “Il lodo è impugnabile ed è stato pronunciato a maggioranza con una ferma e durissima presa di posizione dell’arbitro Natalino Irti, il quale ha evidenziato gravi violazioni processuali nonché giudizi arbitrali contrari a principi di ordine pubblico”.

Giuseppe e Violetta Caprotti hanno annunciato di ricorrere alla giustizia ordinaria per tentare di annullare l’esito di questo lodo e in ogni caso pende già un giudizio separato presso il tribunale di Milano con l’udienza che dovrebbe tenersi il prossimo 23 ottobre. La guerra per il controllo del gruppo avrebbe inizio a febbraio 2011, quando si scopre che il patron di Esselunga, senza darne comunicazione e senza versare alcun corrispettivo, ha intestato a sè le azioni che a fine degli anni ’90 aveva assegnato, attraverso la fiduciaria Unione Fiduciaria (gruppo Bipiemme), in tre parti uguali ai figli di primo letto Giuseppe e Violetta, e a Marina, avuta dalla seconda moglie, con l’usufrutto del padre su circa un terzo delle quote. Si trattava del 92 per cento di Supermarket italiani, la holding che controlla per l’appunto Esselunga. Per sé aveva tenuto il restante 8 per cento. Quote che, dopo il lodo sono tornate in possesso del fondatore dell’impero.

Il mistero è fitto sui motivi che hanno indotto Caprotti a sparigliare le carte e riappropiarsi di tutto. Non è ancora chiaro quale sarà il futuro della catena di supermercati, che da molto tempo è oggetto di attenzioni di potenziali acquirenti, tra i quali anche le odiate cooperative oltre a giganti esteri come l’americana Wal Mart. Il fondatore non mai voluto cedere alle avances, e forse aveva capito che i figli, in possesso della nuda proprietà avrebbero potuto accettare qualche offerta a lui sgradita? O forse egli stesso vuole trattare in via esclusiva con un possibile compratore? C’è anche chi pensa che non veda di buon grado il passaggio di gestione ai figli, con Giuseppe che fu estromesso dalla direzione nel 2005 dopo due anni da amministratore delegato per presunte incapacità gestionali. Forse a ottobre se ne saprà di più.

di Aldo Galeone

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