David Berger, 28 anni, pesista; Ze’ev Friedman, 28 anni, pesista; Yossef Gutfreund, 40 anni, arbitro di lotta greco-romana; Eliezer Halfin, 24 anni, lottatore; Yossef Romano, 31 anni, pesista; Amitzur Shapira, 40 anni, allenatore di atletica leggera; Kehat Shorr, 53 anni, allenatore di tiro a segno; Mark Slavin, 18 anni, lottatore; André Spitzer, 27 anni, allenatore di scherma; Yakov Springer, 51 anni, giudice di sollevamento pesi; Moshe Weinberg, 33 anni, allenatore di lotta greco-romana.

Undici nomi, undici storie, undici vittime. Quarant’anni fa, durante i Giochi di Monaco di Baviera, l’attacco dei terroristi palestinesi di Settembre Nero aveva profanato lo spirito olimpico, unico flebile baluardo di concordia in un mondo in perenne conflitto. E oggi, mentre a Londra sta per accendersi la torcia dei Giochi della XXX Olimpiade, il Comitato olimpico internazionale ha deciso che quei nomi, quelle storie, quel sangue versato, non meritano un ricordo ufficiale durante la cerimonia inaugurale né nel corso di qualsiasi altro evento ufficiale del programma olimpico. Il Cio, novello Ponzio Pilato, se ne lava le mani e usa tutte le scuse possibili e immaginabili, cavilli regolamentari inclusi, per dire no alla Memoria. Non sorprende affatto, perché il governo dello sport mondiale somiglia sempre più a una versione ludica delle Nazioni Unite: quasi duecento nazioni che si parlano addosso, litigano, si spartiscono soldi e gloria e non decidono nulla, svelando  al mondo l’inutilità del Cio stesso. 

E chiedere a gran voce un ricordo delle vittime di Monaco ’72, sia chiaro, non deve in alcun modo essere confuso con un’adesione totale e acritica alla causa israeliana. E’ tutto molto più complesso di così, e non possiamo sempre dividerci in guelfi e ghibellini, bianchi e neri, filoisraeliani e filopalestinesi. Sebbene l’ipocrita retorica olimpica strombazzi periodicamente le capacità taumaturgica dello sport anche sul piano politico, sociale e militare, nessuno si aspetta che da Londra spicchi il volo la bianca colomba della pace che ponga fine ai conflitti. E nessuno pensa che un ricordo delle vittime di Monaco possa essere interpretato come una posizione antiaraba o antipalestinese. Antiterrorista sì, vivaddio. Perché chiunque avesse organizzato il vigliacco attacco al Villaggio Olimpico di Monaco, noi saremmo qui a chiedere di ricordarne le vittime. Ma dal Cio non ci aspettavamo altro, in tutta sincerità. Perché paragonati ai Signori dello sport mondiale, comodamente appollaiati sulle poltrone in pelle nella placida Svizzera, anche don Abbondio sembrerebbe un eroe senza macchia e senza paura. 

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