Il 20 luglio sono state presentati a Roma i risultati delle prove Invalsi 2012: “Nihil sub sole novum”. Niente di nuovo sotto il sole, come citato nella Bibbia.  La fotografia che ne esce è la stessa degli altri anni. Sempre la medesima. Lo conferma il Ministero della Pubblica Istruzione che in un comunicato stampa afferma: “quella che emerge dai primi risultati delle prove Invalsi 2012 sono dati che confermano, almeno in parte, quanto già emerso nelle rilevazioni degli anni precedenti, con le regioni del Nord che registrano risultati migliori rispetto al Mezzogiorno. Anche se non mancano al Sud regioni come Puglia, Abruzzo e Basilicata che presentano risultati decisamente incoraggianti”.

Andando a leggere i risultati pubblicati sul sito dell’Istitituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (Invalsi) raffrontando i dati degli ultimi tre anni il rapporto spiega che “specie nella scuola del primo ciclo il divario territoriale rispetto al dato nazionale si è ridotto nel tempo grazie al contributo di alcune regioni (Puglia, Abruzzo e Basilicata) di qualche punto percentuale, fino a raggiungere in alcuni casi i livelli medi del Paese. Rimane invece ancora consistente lo svantaggio del Sud e, in parte anche del Centro, rispetto al Nord per quanto riguarda i risultati della scuola secondaria di secondo grado. In termini percentuali tale divario a svantaggio del Centro-Sud rispetto alla media nazionale supera i 12 punti per l’Italiano e gli 11 per la Matematica, pari a quasi 3/4 di un’unità di deviazione standard”.

Abbiamo scoperto l’acqua calda. Forse senza fare prove Invalsi valeva la pena di leggere Gesualdo Bufalino che anni fa ad un giornalista rispose che per “combattere la mafia serve un esercito di maestri”. In questo nostro Sud dove i risultati Invalsi ci raccontano di uno svantaggio culturale, come risposta a questi dati servirebbe un maggiore apporto di insegnanti. Dall’altro canta basta andare alla scuola “Falcone” allo Zen a Palermo per capire dal preside l’importanza di avere docenti in più.

Il Ministero scrive nel suo comunicato che “obiettivo dell’Invalsi è migliorare e rendere più omogenea la qualità della scuola italiana, elaborando valutazioni oggettive e mettendo a disposizione delle istituzioni e delle singole scuole i risultati. In particolare, nel caso dei singoli istituti, questo meccanismo dà la possibilità di avviare processi di valutazione e autovalutazione, individuando sia gli elementi positivi da conservare, sia quelli negativi sui quali intervenire per risolverli”.

Restano alcune domande: come? Con quali risorse? Con quante miglia di docenti precari che non assicurano continuità didattica?

Come scrive la rivista Tuttoscuola “Con il Rapporto 2012 l’Invalsi ha senza dubbio dato una dimostrazione di efficienza tecnica, ma l’Istituto sembra muoversi tuttora in un contesto di non ben definito ruolo politico perché non è stata mai chiarita fino in fondo la natura del suo rapporto con il Ministero e con il mondo della scuola, in particolare con gli insegnanti, cui compete la valutazione didattica. Va evitato il rischio che gli insegnanti percepiscano l’Invalsi come un soggetto che condiziona la loro libertà di insegnamento costringendoli a piegare la didattica all’esigenza di far ottenere buoni risultati ai loro studenti in occasione dei test (teaching to the test). Misurare sistemi non è valutare persone: va evitato il rischio di una deriva tecnocratica che faccia delle misurazioni effettuate dall’Invalsi una sorta di variabile indipendente capace di influire in modo determinante sulla valutazione dei docenti, fino a sostituirla: una auctoritas potente e lontana, da temere più che da rispettare”.

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