Sul palco della festa leghista di Brugherio (Monza) Umberto Bossi ha vestito nuovamente i panni della vittima sacrificale. Ha cercato il Senatùr di chetare gli animi dei fedelissimi, stemperando i toni dello scontro a distanza con Roberto Maroni e invitandoli alla calma e all’unità: “Maroni è il segretario e io sono il presidente, riconosco il voto del congresso, ma io la Lega non la lascerò mai perché ci credo”. Insomma, per Bossi la Lega deve continuare ad essere una ed unita, anche se il nuovo segretario non piace a tutti. E lo si è capito bene alla festa di Brugherio dove tutto parlava di Umberto Bossi e del suo mito, dai simboli (rigorosamente old-style) agli striscioni (tutti per il Capo). Non un riferimento a Maroni (tutt’al più evocato dalla platea come “Giuda” o “traditore”). Il discorso del Senatùr è stato seguito da un centinaio di militanti gaudenti e plaudenti, che hanno ascoltato l’ultima delle parabole bossiane, quella sulla misteriosa morte di Jörg Haider: “Ucciso perché sosteneva la Padania” da uno Stato mafioso, tanto che “pare che addirittura il Presidente della Repubblica sia sospettato” di Alessandro Madron

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