Come promesso giorni fa, ecco la storia della gattina nera. Davanti alla porta di casa mia c’è un piccolo giardino. Tre anni fa in questo giardinetto è comparsa una gatta nera: selvatica, non si lascia avvicinare. Né tantomeno toccare.

Deve aver avuto brutte esperienze con noi umani, mi dico, se tiene tutti così a distanza. Eppure la nutro, da quando la conosco; le metto il piattino di cibo al solito posto, l’acqua pulita, a volte i biscottini-da-gatti. Le parlo, come fanno appunto le signore di una certa età amanti dei gatti (le ‘gattare’, si dice qui) e credo che mi capisca.

Se mi incontra per le calli, a qualche isolato da casa, perfino mi segue, sempre a debita distanza, e viene a casa – sa che di certo le darò una merendina-premio-da-gatti. Tanto che una signora, vedendoci andare a spasso così in sincronia, mi ha chiesto ‘ah è sua la gattina nera!’.  Ho risposto che ‘sua’ è dire troppo, ma che in effetti me ne prendo cura, nel giardinetto davanti a casa. Ha un riparo di legno, per quando piove: non vuole entrare in casa, o anzi ci entra, adesso, dopo tanti mesi di avvicinamenti graduali, ma solo se lascio la porta ben aperta ed è certa di non rimanere chiusa dentro.

La gatta, insomma, all’inizio mi teneva ad almeno 2 metri di distanza; dopo circa un anno lo spazio di sicurezza è diventato 1 metro; ora è circa mezzo metro; se mi avvicino, arretra. Se allungo la mano perché la annusi e forse, (utopia!) io la possa accarezzare, salta indietro inorridita.

L’avvicinamento è graduale; quest’anno posso sedermi vicino a lei, a circa 40 cm, e non se ne va, se non allungo la mano nella sua direzione. Non solo: lei stessa si siede accanto a me, a volte anche a circa 20-30 cm, quando sono lì tranquilla che leggo, e sembro davvero innocua. Del resto quando leggo non ‘ci sono’, non sono davvero nel famoso ‘qui e ora’, e lei, che invece ci sta sempre, lo sa bene.

Insomma, è terrorizzata dagli umani: un essere che vive in funzione della paura, la incorpora, anzi.

Anni fa, un altro gatto, nero anche lui, ma con gli occhi verdi (la ‘mia’ li ha gialli) è comparso nel giardinetto e mi è perfino saltato in braccio, facendo le fusa: di certo un ‘gatto di casa’ in libera uscita. La ‘mia’ era distesa al suo posto, circa un metro e mezzo più in là, e giurerei che col suo sguardo esprimeva indignazione: ‘Stare in braccio ad un umano, e fare le fusa! Ma non si fa! Che ti salta in mente? Sei pazzo?!’

Le dico: ‘guarda che ti perdi qualcosa, a non venirmi in braccio a farti fare una grattatina sotto al musino, sai? Ti spazzolerei la pellicetta con lo spazzolino, perfino’.

Ma il suo istinto di sopravvivenza la fa saltare via, bella panterina che schizza velocissima, non appena si presenti un potenziale pericolo. Ma un ‘potenziale’ pericolo è qualsiasi cosa e persona, e quindi sta sempre sul chi vive. Che vita faticosa!

Mi insegna, quindi, da anni la pazienza: la cibo, le parlo, e non mi aspetto che il limite attuale di 20-30 cm potrà mai venir abbassato.

Chi ha paura ha ben il diritto di vivere in funzione della paura, anche se è una paura del tutto infondata e non ve ne è motivo alcuno, protetta com’è nel giardinetto, dove i cani, ad esempio, non entrano. Se mi avvicino ‘soffia’, da cioè avvertimenti minacciosi, e se ha bisogno di far così, per tenermi a bada, lo accetto.

A ben pensarci, non sono solo i gatti selvatici a sentirne il bisogno, di tenere gli altri a bada. Mi fa solo bene imparare ad accettarlo.

Non miagola mai. Ha un linguaggio degli occhi, che apre e socchiude e chiude ad un particolare ritmo, guardandomi fissa. Ho imparato a imitarla, e ci facciamo compagnia, chiacchierando con i segnali luminosi dello sguardo, mute.

Mi dice, con gli occhi gialli: ‘sai, ti conosco; sei la tipa che mi da da mangiare e si rivolge a me con suoni interessanti della voce. Non sembri pericolosa, ma ho imparato a non fidarmi, e più di così non riesco ad avvicinarmi. E’ ok per te?’, le rispondo ‘certo, lo vedi che non faccio alcuno sforzo per convincerti, ho capito le tue regole di sicurezza, per quanto non ne condivida la necessità; anche tu sei un essere senziente e autonomo, e ti rispetto’. Mi pare che le faccia piacere la mia compagnia. Comunque, a me fa piacere la sua. Probabilmente occuparmi di lei mi fa bene, e forse più che a lei. Chissà. Darei qualcosa per poter sentire come ci si sente ad essere un gatto, almeno per un po’.

Un’amicizia silenziosa, tra esseri viventi.   

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