Estate 2012. Tornano prepotentemente alla ribalta i fatti del G8 di Genova e non potrebbe essere altrimenti poiché si tratta di una ferita insanabile nella storia repubblicana, una delle tappe più dolorose di quel sentiero di spine su cui si è incamminato un paese che ha perduto già da tempo la propria innocenza. Tre mesi fa l’uscita nelle sale di Diaz, il film di Daniele Vicari, poi le recenti contestate sentenze, Patti Smith che issa un cartello con la dicitura “Ingiustizia è fatta” durante il concerto di domenica scorsa dinanzi al Museo per la Memoria di Ustica. E venerdì 20 luglio, nell’undicesimo anniversario dell’uccisione di Carlo Giuliani, arriva in città Mark Stewart, un altro grande artista degli anni settanta che in quanto a rivendicazioni politiche non è mai stato secondo a nessuno, nemmeno alla sacerdotessa del rock.

La musica della sua band storica, il Pop Group, era già di per sé un manifesto di avanguardia politica, culturale, di internazionalismo, terzomondismo, antagonismo nell’Inghilterra tatcheriana di fine Settanta e primi Ottanta. Il gruppo di Mark Stewart aveva esordito nel 1979 con Y, uno dei capolavori imprescindibili dell’era post-punk, uno dei dischi più innovativi, ribollenti e poetici di quella stagione straordinaria e rigogliosa. Il titolo del secondo album della band, uscito l’anno successivo, poneva il retorico interrogativo For How much Longer Do We Tolerate Mass Murder?, per quanto ancora tollereremo i massacri? Se i loro pezzi erano espliciti e parlavano di forze di oppressione, di regimi polizieschi, esortavano a sfamare i popoli affamati di tutto il pianeta, la loro musica rispecchiava in modo altrettanto esemplare queste tensioni incorporando nel punk e riplasmando nervosamente elementi di funk, free jazz, dub, le musiche “nere” più pulsanti e politicizzate dell’epoca insieme al nascente hip hop.

Se dall’altra parte dell’oceano Jello Biafra e i suoi Dead Kennedys intonavano sarcasticamente Holiday in Cambodia, il Pop Group partecipava a concerti di beneficienza a favore del Fondo per la Cambogia, occupazioni, festival contro razzismo, sessismo e tatcherismo. Al loro fianco in queste battaglie tante band inglesi tra cui gli Scritti Politti di Green Gartside che avevano esordito nel 1978 con un pezzo incredibile, intitolato Skank Bloc Bologna, che rendeva omaggio proprio al laboratorio politico del ’77 bolognese e guardava alla città felsinea ed all’Italia come una speranza, vivace punto di riferimento per i movimenti europei.

Chissà se Mark Stewart approderà in piazza Verdi, campo di battaglia e cuore storico di ciò che era stato il Movimento, con l’andamento skanking di quella memorabile canzone in testa. Quel che è certo è che sul palco canterà Viva viva l’Autonomia, slogan refrain del primo singolo estratto dal suo nuovo album, The Politics of Envy. Il pezzo, realizzato insieme a Bobby Gillespie dei Primal Scream, è dedicato al giovane ucciso a Genova e l’intero concerto di Bologna, secondo quanto riportato dal suo sito web ufficiale, sarà “in honour of Carlo Giuliani on july 20th”, nell’anniversario della sua morte.

Lo ricordiamo qualche anno fa sul palco del Link: grande concerto fu il suo in quell’occasione, in compagnia dei Maffia, la band che ha capitanato nel periodo successivo allo scioglimento del Pop Group, nei primi Ottanta. Mark Stewart & the Maffia erano dediti ad un dub industriale di altissima caratura e pubblicarono nel 1983 per la nascente On-U Sound di Adrian Sherwood, etichetta che diventerà leader nell’ambito, un disco pregevole come Learning to Cope With Cowardice. Lo ricordiamo anche per i suoi recenti brillanti concerti con il riformato Pop Group e per la sua attività solista: nel 2008 un disco splendido intitolato Edit in cui duettava magnificamente con la povera Ari Up, l’ex leader delle Slits da poco scomparsa. Del resto Mark Stewart ha seminato davvero tanto nella sua importante carriera e se ora al suo ultimo album partecipano amici e compagni del calibro di Lee Scratch Perry, Daddy G, Primal Scream, Richard Hell, Keith Levene, Gina Birch un motivo ci sarà.

20 luglio, piazza Verdi, Bologna, ingresso gratuito. Un concerto che trasuda già Storia.

Articolo Precedente

Ben Harper, attivismo politico e spiritualità sul palco dell’Imola Rock

next
Articolo Successivo

Spiagge soul, sulla costa ravennate il festival itinerante di black music

next