Un nuovo disastro, come in Florida nel 2000. E’ quanto molti esperti di procedure elettorali prevedono, o temono, per le elezioni Usa 2012. A meno di quattro mesi dall’apertura delle urne, nel Paese che vanta uno dei sistemi democratici più progrediti al mondo, il voto resta un diritto non garantito. Milioni di americani rischiano di non ricevere la scheda elettorale, o che il proprio voto non venga riconosciuto o contato.

“In America, le elezioni sono gestite come se fossimo ancora nell’Ottocento”, ha scritto Barbara Simons, ex-ricercatrice IBM ed esperta di sistemi informatici elettorali. I problemi sono anzitutto politici. Da più di un anno è in corso una vera e propria guerra da parte dei repubblicani contro il blocco elettorale democratico (una guerra che l’opinionista del Washington Post, Eugene Robinson, ha definito “un crimine”). In una dozzina di Stati a guida repubblicana deputati e governatori hanno votato leggi che rendono più difficile l’accesso al voto. Regole complicate sui documenti da esibire al momento di ritirare la scheda, restrizioni nelle campagne di registrazione, tentativi di “purgare” le liste elettorali (in Florida il governatore repubblicano dello Stato, Rick Scott, vuole escludere dalle liste 180 mila persone) rischiano di allontanare dalle urne milioni di cittadini, soprattutto giovani e afro-americani, tradizionalmente vicini ai democratici.

Il caso più clamoroso è quello della Pennsylvania, dove 758 mila persone – circa il 9% degli elettori – rischiano di non poter votare perché non in possesso di un documento di identificazione (per esempio, la patente). Il Dipartimento alla Giustizia ha cercato in questi mesi di bloccare molte di queste nuove regole (che il segretario alla giustizia, Eric Holder, ha definito simili alle vecchie leggi elettorali segregazioniste), ma la realtà – secondo il Brennan Center della NYU Law School – è che almeno 5 milioni di americani potrebbero essere tenuti lontani dall’Election Day. C’è poi la questione dei sistemi informatici elettorali, sempre più obsoleti, imprecisi, difficili da gestire per un personale di poll workers, ovvero di scrutatori, sottopagati e privi di qualsiasi training (l’età media di chi lavora ai seggi si avvicina ai 70 anni).

Dopo la débacle della Florida, nel 2000, la gran parte degli Stati americani ha adottato due sistemi di voto elettronico. Una quindicina di Stati impiega un sistema puramente elettronico, senza ricorso alla carta o al conteggio manuale. Il resto degli Stati preferisce un sistema “misto”. L’elettore fa la propria scelta marcando con un tratto di penna la scheda, che poi viene contata facendola passare attraverso un sistema di scannerizzazione. Il problema, come ha fatto notare Barbara Simons, è che i computer e le macchine elettorali sono “molto, molto vecchi. Ci sono problemi di sicurezza, di accuratezza, di affidabilità”. Gran parte dei sistemi puramente elettronici non consentono di ricontare o recuperare voti che eventualmente sono stati persi (questo è vero soprattutto in Pennsylvania e Virginia, due swing states dal cui voto possono dipendere le sorti delle presidenziali 2012).

Non funzionano meglio gli scanner che avranno il compito di identificare quanto scritto a penna sulla scheda. Recentemente, in elezioni locali nella contea di Palm Beach, gli scanner hanno proclamato per ben due volte il vincitore sbagliato. E un’inchiesta interna del comitato elettorale del Missouri ha confermato che circa il 20% delle macchine elettorali non funziona correttamente. Il vero disastro 2012 potrebbe però riguardare il voto per posta e il cosiddetto early voting, quello espresso prima dell’Election Day. Alle legislative del 2010, il 18% dell’elettorato ha votato per posta. L’8% ha preferito l’early voting. Il sistema ha però dimostrato di funzionare in modo tutt’altro che soddisfacente. Schede perse, non contate, annullate sono diventate negli ultimi anni la norma. Alle presidenziali 2008, 800 mila voti arrivati per posta vennero annullati. Quattro milioni di schede richieste dagli elettori non furono mai consegnate. Alle elezioni per il Senato in Minnesota, sempre nel 2008, un voto per posta su 25 venne annullato. Lo scenario previsto da molti esperti di cose elettorali ha quindi un carattere di quasi-Apocalisse. Code alle urne provocate da sistemi di identificazione incerti e arzigogolati, elettori esasperati che abbandonano il seggio, touch screens impallati, scrutatori impreparati e travolti dalle circostanze possono trasformare il giorno più importante di una democrazia in una nuova “notte della democrazia”, come quella vissuta ai tempi della riconta Bush-Gore. In un’estate torrida, segnata da incendi devastanti, il consiglio più disarmante è venuto da Doug Chaplin, che insegna procedure elettorali alla University of Minnesota: “Farà caldo, sempre più caldo, da qui a novembre. Il mio consiglio è semplice. Mantenetevi freddi”.

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