Alcuni di loro girano con in tasca una pistola, ti guardano negli occhi e passano il pollice sotto la gola. Kaputt. Sanno di poter intimidire così, nella terra di nessuno. Perché nella terra di nessuno quest’anno non ci sono né forze dell’ordine né istituzioni. Sono i caporali delle angurie e sono tornati a Nardò, in provincia di Lecce, per la stagione della raccolta. Sono soprattutto tunisini, senegalesi, algerini ed è così che tengono sotto scacco centinaia di braccianti loro connazionali. Per rintracciarli, bisogna percorrere per chilometri ‘tratturi’ polverosi, fino all’accampamento fatto di tende e di stracci sotto gli ulivi, oppure fino alla falegnameria abbandonata, condivisa con la prostituta che ha preso dimora al primo piano. Ci sono, ma non si vedono. Forse, più semplicemente, si fa finta di non vederli. Dopo i sedici arresti che, il 23 maggio scorso, hanno smantellato l’organizzazione criminale che per anni ha gestito il reclutamento di immigrati, si immaginava che il 2012 sarebbe stato diverso. Invece, da queste parti, il caporalato è come l’Araba fenice: è rispuntato dalle sue ceneri e con una violenza ancora più livida rispetto a prima, poiché quest’anno approfitta della distrazione istituzionale per fare del Salento il suo far west.

La Prefettura di Lecce, infatti, ha deciso che non dev’essere riaperta Masseria Boncuri, la struttura di accoglienza allestita tre anni fa con una spesa complessiva di 300mila euro da parte della Regione Puglia. E’ lì che i migranti hanno potuto trovare un letto e una doccia, nelle stagioni passate. Ed è stata quella la base operativa della rivolta dello scorso anno, quando i lavoratori imbracciarono il megafono e scioperarono a oltranza, riuscendo a strappare la protesta dai disordini, che si erano già avuti a Rosarno, e a incanalarla sui binari della lotta sindacale.

Un presidio di legalità, insomma, oltre che di minima umanità. Oggi rimane sbarrato. Per la Prefettura, di Boncuri non ci sarebbe bisogno, visti i dati forniti dalla Coldiretti, che ha stimato un tracollo della produzione delle angurie a Nardò tra il 60 e il 75 per cento, con il conseguente calo dell’impiego di manodopera. Poche decine di immigrati sarebbero dovuti arrivare nel Salento in questa stagione. Invece? Rispetto ai 2600 ettari coltivati ad angurie lo scorso anno, ora si è scesi a 2100 ettari, dunque appena il 30 per cento in meno. A questi si sommano 200 ettari per il pomodoro. Stando ai dati forniti dalla Cgil di Lecce, la presenza di braccianti stagionali appurata è già pari, quest’anno, ad almeno 800 unità e quasi tutti sono africani. Solo il 5 per cento di loro ha un regolare contratto, con un sottosalario che non supera il 60 per cento della paga sindacale prevista. Tutti gli altri lavorano a cottimo, 10-12 ore al giorno per non più di 20-25 euro.

Ma c’è un altro numero che fa ancora più clamore. E’ quello relativo al reclutamento. Ad oggi, il Centro per l’Impiego di Nardò registra appena 158 iscritti nelle liste di prenotazione, in quell’elenco, cioè, da cui le aziende dovrebbero attingere manodopera per scavalcare il ricorso al caporalato, una conquista della lotta dello scorso anno. Di questi braccianti, soltanto 36 sono stati avviati a regolare attività. La conseguenza è che il 95,6 per cento dei lavoratori delle campagne neretine continua a sottostare all’intermediazione illecita da parte dei caporali, tutti extracomunitari e, loro sì, regolarmente assunti dalle aziende agricole.

Il venir meno dell’anello dell’accoglienza, a conti fatti, sta vanificando tutti gli sforzi organizzativi, sindacali e giudiziari, fatti negli ultimi tre anni. Si è punto e daccapo. “La Prefettura di Lecce ha dimostrato di avere vista corta e mano tremante ed è per questo che abbiamo scritto al Ministero dell’Interno, per ora senza risposta. E’ inaccettabile tenere chiusa la struttura di accoglienza, giustificando la decisione sulla base di indicazioni di una sola associazione datoriale, la Coldiretti, che parla di crisi del settore, ma poi si contraddice palesemente quando, in altre occasioni, afferma che l’agricoltura è l’unico settore in netta controtendenza sul mercato italiano”. Non ha peli sulla lingua Gino Rotella, segretario nazionale Flai Cgil, nel Salento per lanciare l’iniziativa Gli invisibili delle campagne di raccolta, che in due anni toccherà tutta l’Italia.

Con camper attrezzati si raggiungeranno i braccianti stranieri sfruttati, una platea di 80mila tra uomini e donne, per offrire assistenza medica, legale, fiscale, contrattuale. Si inizierà stamattina, all’alba, proprio dai campi del Salento, per poi spostarsi in autunno a Rosarno per la raccolta delle arance e a Bolzano per quella delle mele, la prossima estate a Siracusa e Ragusa per quella delle patate e degli agrumi, a Salerno nel tempo delle pesche, per finire, ad ottobre 2013, in Veneto, nel periodo della vendemmia. A coordinare l’intero progetto è il ventenne camerunense Yvan Sagnet, lo studente di ingegneria che nel luglio scorso guidò la rivolta di Nardò e che qualcuno ha definito “il Mandela dei braccianti”.

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