A Monterosso è dalla tarda primavera che si è tornato a camminare per le sue strade. Con il pretesto di una amica monterossina che vive nel cuore del paese, dove l’acqua fece i peggiori danni e dove lei stessa impugnò guantoni e badile per liberare le strade, ho voluto riportare i racconti degli ultimi mesi post alluvione nelle Cinque Terre e l’appello dei giornalisti ambientali.

Mi sono dedicata alla vicenda di Monterosso come spunto di partenza (profondamente sentito, ci tengo a precisare) per riflettere su quanto poco si racconti delle vite e dei luoghi di coloro che vivono una calamità sulla propria pelle dopo i giorni del grande impatto mediatico. Ciò che si voleva esprimere è la vicinanza a coloro che, nello Spezzino, tutti i giorni ricostruiscono la realtà dei lori paesi, riaprono le attività commerciali, danno nuova linfa al turismo con l’impegno e la dedizione coriacea tipica dei liguri. Tutto questo nel silenzio mediatico. Con il pretesto del racconto di Monterosso mi sarebbe piaciuto ricordare tutti quei luoghi italiani dimenticati dai giornali e dai tg nazionali dove dopo la sciagura la vita è stoicamente proseguita.

L’imprecisione, della quale mi scuso, è stata quella di narrare al presente le vicende che il paese ha dovuto affrontare dopo l’alluvione negli ultimi mesi: se fino a ieri Monterosso ha dovuto indossare gli stivali per muoversi fra le sue strade oggi è un paese orgogliosamente ripulito dal fango, e che, non stento a credere, terminerà con la stessa determinazione la bonifica delle aree a monte, dei suoi sentieri d’accesso e del territorio che la incornicia.

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