Ciampino come Malpensa. Quello milanese non è l’unico scalo il cui traffico aereo produce un inquinamento di vaste proporzioni. Da oltre dieci anni, da quando cioè è stato riaperto ai voli di linea – nel ’61 tutto il traffico commerciale venne trasferito sul nuovo scalo di Fiumicino, lasciando a Ciampino soltanto voli di Stato e charter – il secondo aeroporto romano è letteralmente preso d’assalto dalle compagnie low-cost. Un traffico che causa danni alla salute della popolazione locale, come già accertato dalla regione Lazio. E conseguenze negative sull’ambiente, almeno secondo le denunce di ambientalisti e comitati che reputano a rischio i due parchi confinanti.

“Proprio dal 2001, nel Parco dell’Appia Antica e in quello degli Acquedotti, stiamo assistendo a una drammatica moria di pini secolari – denuncia a ilfattoquotidiano.it Pierluigi Adami, portavoce del Comitato per la riduzione dell’impatto ambientale dell’aeroporto di Ciampino – . Aree di altissimo pregio storico, paesaggistico e ambientale che stanno andando distrutte a causa dei quasi 150 aerei che ogni giorno le sorvolano a bassissima quota, quasi a sfiorare le cime degli alberi”.

E ora gli ambientalisti chiedono al ministero dell’Ambiente di accertare il rapporto causa effetto tra inquinamento degli aerei e moria di alberi, proprio come è già risultato dai documenti del dicastero per l’area boschiva del Parco del Ticino, a ridosso di Malpensa. Sotto accusa anche le società Aeroporti di Roma ed Enac: “Abbiamo già mandato un dossier al ministro Clini – annuncia Adami –. E nei prossimi giorni ne manderemo un altro al commissario europeo per l’Ambiente, Janez Potočnik, per denunciare l’inadempienza, da parte del gestore dell’aeroporto, a una serie di direttive comunitarie relative alle emissioni”.

Se i danni all’ambiente sono ancora da vericare, già accertati sono invece quelli agli abitanti dei comuni di Ciampino e Marino e del X Municipio di Roma, i territori cioè sui quali insiste l’aeroporto. Nel 2009 l’indagine epidemiologica condotta dalla Asl di Roma, su commissione della Regione Lazio, ha infatti riscontrato un incremento dell’incidenza di malattie cardiovascolari nei residenti nell’area circostante. “I risultati dello studio – si legge nello Studio sugli effetti del rumore aeroportuale (Sera) – depongono per una associazione tra rumore aeroportuale e danni alla salute, in particolar modo l’aumento della pressione arteriosa”. Che l’inquinamento acustico possa in generale avere conseguenze negative sulla salute lo stabilisce del resto anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che lo ritiene uno dei fattori di rischio per gli infarti.

Delle 14mila persone che vivono vicino allo scalo romano – “un caso unico in Europa”, fa notare il portavoce del comitato locale di Ciampino – sono quasi 3mila quelle che sopportano un livello di inquinamento acustico superiore ai limiti stabiliti dallo stesso Oms (55 dBA per il giorno e 40 dBA per la notte). Nella zona vicina all’aeroporto si passa infatti dai 60-65 dBA della zona che lo studio ha classificato con il colore “verde”, ai 65-75 dBA della “zona gialla”, fino agli oltre 75 dBA della “zona rossa”. L’indagine dell’Asl ha osservato inoltre “un aumento della frequenza di persone che usano farmaci antidepressivi”. Non è finita, perché tra le patologie riscontrate numerose sono anche quelle dell’apparato respiratorio, che “potrebbero essere messe in relazione con l’inquinamento atmosferico derivante dalle attività aeroportuali”.

Non bisogna infatti dimenticare che oltre all’inquinamento acustico ci sono le emissioni prodotte dai motori degli aerei e il conseguente rilascio in aria di CO2, monossido di carbonio, ossido di azoto e un numero variabile di particelle sospese. A lanciare l’allarme polveri sottili, in quell’area collocata giusto sotto la rotta di atterraggio e decollo degli aerei, ci aveva già pensato Legambiente. Durante il monitoraggio effettuato nell’estate del 2006 dall’associazione ambientalista, il valore più elevato di PM10 venne registrato proprio nel Parco degli Acquedotti: 301,83 microgrammi al metro cubo (sei volte superiore al limite stabilito dalla normativa europea).

L’unica soluzione per risolvere il problema inquinamento – ha suggerito Arpa Lazio (Agenzia regionale protezione ambientale) – è quella di ridurre il numero dei movimenti giornalieri portandoli a un massimo di 61 (oggi sono circa 136). Ma il mercato dei voli low-cost ormai si è affermato e Ciampino è uno degli aeroporti che meglio ha saputo intercettare questa nuova tipologia di traffico: di qui ogni anno transitano 5,5 milioni di passeggeri. Aeroporti di Roma ed Enac non vogliono perciò sentir parlare di riduzione, anche se l’aeroporto, in base a quanto sancito nel luglio del 2010 dalla Giunta regionale, opera di fatto “fuori dalle norme di legge sul rumore”.

Nonostante ciò il nuovo piano di sviluppo 2012-2021, presentato lo scorso dicembre, prevede un incremento di 20mila movimenti annui. Si passerebbe così dai 51mila (dichiarati) del 2011 a oltre 70mila. Solo dal 2020 il traffico low cost potrebbe essere spostato nella Tuscia, sempre che venga costruito l’aeroporto di Viterbo. In tal caso Ciampino verrebbe trasformato in city airport, in cui atterrerebbero velivoli più piccoli e silenziosi. “Tutto poco credibile”, attaccano i comitati, le cui perplessità derivano dalle grandi infrastrutture che dovrebbero essere costruite in soli otto anni.

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