Nuova battuta d’arresto sulle riforme costituzionali che sembrano sempre più al palo mentre, nonostante il pressing del Pd, è stallo anche sulla legge elettorale. La commissione affari costituzionali del Senato boccia la proposta del Pdl di introdurre l’elezione diretta del presidente della Repubblica nella Costituzione. L’esito è lo stesso della votazione della scorsa settimana in commissione sul Senato federale:13 a 13 con l’emendamento Gasparri-Quagliariello che risulta respinto. Per la proposta della Lega andò meglio in Aula, ma non è detto che si verifichi lo stesso per il presidenzialismo. Sulla carta il Pdl con il Carroccio e Coesione Nazionale ha i voti per far passare la proposta ma i mal di pancia all’interno del gruppo azzurro non mancano. Il risultato è che, per dirla con il senatore del Pd, Enzo Bianco, “si va verso una palude”. Tanto più che non è nemmeno chiaro quando il ddl di riforma costituzionale riprenderà l’iter in Aula. In calendario è previsto che se ne riparli per giovedì ma c’è da votare la spending review, che scade sabato, e la proposta di legge sul finanziamento dei partiti, per cui è probabile che si vada alla prossima settimana.

Nel frattempo il Pdl comunque insiste. Il presidente dei senatori Maurizio Gasparri e il coordinatore Ignazio La Russa oggi hanno partecipato al banchetto organizzato da Azione universitaria che sta raccogliendo le firme per l’elezione diretta del capo dello Stato e chiedono di sostenere questa “risposta anti-casta per la democrazia diretta”. Il Pd rilancia invece la proposta che siano i cittadini a pronunciarsi su un referendum di indirizzo sulla forma di governo. Il disegno di legge in materia di Stefano Ceccanti e Vannino Chiti ha già raccolto l’adesione di 35 senatori.

Sembra difficile che in questo clima, ormai compromesso dopo l’ok dell’Aula al Senato federale, possa farsi strada l’ipotesi di una assemblea costituente che metta mano alle riforme. Una proposta sulla quale l’ex presidente del Senato Marcello Pera ha depositato un testo che, sottolinea, “sarebbe utile venisse votato”. Ma il commento sulla nuova costituente tra i tecnici è unanime: “E’ irrealizzabile. Non ci sono né i tempi, né le condizioni politiche per farlo…”.

Se le riforme sembrano su “un binario morto”, come dice il presidente della commissione Affari Costituzionali, Carlo Vizzini, meglio non vanno le cose per la legge elettorale. I tempi, però, stringono. ‘Tra pochi giorni – dice il segretario del Pd Pier Luigi Bersani – si saprà se si riesce a concludere qualcosa che poi bisognerà tradurre in atti parlamentari”. Ma le posizioni sono distanti. Il partito di Bersani e il Terzo Polo valutano dunque l’ipotesi di presentare una propria proposta se non si arrivasse a un’intesa. Il margine temporale è infatti ristretto. Per ridisegnare i collegi serviranno almeno due mesi di tempo, spiegano alcuni tecnici delle riforme. Anche se si volesse tornare ai vecchi collegi del Mattarellum, questi dovrebbero essere aggiornati alla luce dell’ultimo censimento visto che quelli originari si basavano sul censimento del 2001. E ci vuole tempo. Così si deve accelerare se si vuole arrivare con una nuova legge elettorale alla scadenza della legislatura nel 2013.

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