Lo dobbiamo riconoscere senza alibi. Le parole del Ct della nazionale Cesare Prandelli nel giorno successivo alla disfatta europea (almeno intesa coma calcistica, per ora) fanno male, rompono un tabù al quale siamo troppo spesso imbrigliati: quello della messa in discussione, del cambiamento come processo difficile se non impossibile. E sono ancora più forti perché arrivano nel giorno dopo la sonora sconfitta.

Alcuni diranno: ma chi perde può permettersi il lusso di parlare? Non solo può, ma deve. Il nostro Paese è spesso, troppo spesso, soffocato da una demonizzazione dell’errore. Ecco allora le parole di Prandelli: “Siamo un Paese vecchio, con tante cose da cambiare. Noi siamo venuti all’Europeo per cambiare, per perseguire un’idea senza farci condizionare dal risultato. Sappiamo di dover fare i conti con la logica del risultato che però non deve essere condizionante, bisogna avere la forza di credere in un’idea”.

Prandelli ha ragione: nella nostra vecchia Italia – ormai rallentata da burocrati, caste e baronati – non esiste una cultura dell’errore. Chi sbaglia non solo paga, ma viene estromesso dalla possibilità di rialzarsi. Diciamolo senza fraintendimenti: siamo condizionati dal risultato finale, che conta più di ogni altra cosa. Poco inclini ai cambiamenti, se questi presuppongono una messa in discussione delle certezze che abbiamo conquistato con tempo e fatica e se rompono lo status quo. In altre culture nel mondo, in quella anglosassone più che in quella latina ovviamente, l’insuccesso è parte integrante del percorso di crescita. 

Come ho scritto in un altro post, anche in Italia per alcuni illuminati lavoratori il mettersi in discussione è stato essenziale. A Santhià, nelle campagne del vercellese, Giovanni insieme ai suoi due fratelli ha deciso di dedicarsi all’impresa agricola di famiglia, riconvertendo la coltura del riso (fallimentare) ad orto generico. Giovanni ha poi creato Leverduredelmioorto.it, piattaforma digitale dove ciascuno può coltivare il proprio orto acquistando anche “realmente” i prodotti una volta a settimana e ricevendoli direttamente a casa. A Torino Alessandro ha riconvertito la sua azienda, la Mycrom, eccellenza italiana nel campo del design: dopo una grave crisi del fotolito nel settore prestampa Alessandro ha dismesso i vecchi macchinari, riconvertendosi al digitale e facendo una scelta di campo costosa e rischiosa. Oggi però vende in tutto il mondo.

L’insuccesso come preziosa occasione di verifica. Si racconta che Thomas Edison, nel suo centro di ricerca nel New Jersey, dopo centinaia di tentativi infruttuosi per realizzare una lampadina elettrica efficiente, era solito dire ai suoi collaboratori: “Bene, ora conosciamo un altro modo in cui non si costruisce una lampadina”.

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