La regina della commedia sentimentale era una donna che si era fatta largo in un mondo duro, quello del cinema americano. Nora Ephron, morta martedì sera a New York per una complicazione polmonare legata alla leucemia che la affliggeva da sei anni, aveva scritto saggi, racconti, libri, collaborato a molti giornali come il New York Times e il New Yorker, ma il suo nome resterà legato più ai sospiri d’amore di Meg Ryan per la quale ha scritto tre film che non per le riflessioni sull’adolescenza, l’androginia e il cambiamento del corpo di A few world about my breasts – saggio apparso sull’Esquire nel 1972 – o per le assai più recenti parole sulla paura di invecchiare de Il collo mi fa impazzire (2007). Normale che sia così: Harry ti presento Sally vale più notorietà di qualsiasi libro. Ma c’è anche altro: la Ephron aveva probabilmente capito che la qualità narrativa del suo lavoro avrebbe sfondato se incanalata in un genere, in una specialità riconoscibile dal grande pubblico e soprattutto da quello femminile.

Figlia di due sceneggiatori, nata a New York nel 1941, ebrea, la Ephron si trasferisce con la famiglia a Los Angeles e dopo il college torna nell’East Coast dove, ventenne, collabora anche con la Casa Bianca negli uffici dell’allora presidente Jfk. Poco dopo inizia a scrivere per il Newsweek e continua per molti anni l’attività giornalistica con la quale realizza un piccolo scoop, nel 1966, “scoprendo” che Bob Dylan si era sposato in gran segreto con l’amata Sara Lownds.

Con il giornalismo avrà a che fare anche per ragioni private, visto che il suo secondo marito (dopo lo scrittore Dan Greenburg) fu Carl Bernstein, il reporter del Washington Post che con Bob Woodward realizzò invece lo scoop per eccellenza, quello dello scandalo Watergate. Nozze nel 1976 e fine della storia nel 1979, quando la Ephron incinta del secondo figlio, viene a sapere che Carl la tradisce (con la figlia dell’allora Primo ministro inglese). L’intera faccenda finisce in letteratura e poi sullo schermo nel primo successo cinematografico (1986) scritto da lei, HeartburnAffari di cuore, con la coppia Meryl Streep-Jack Nicholson. La più grande delle attrici americane è infatti legata alla Ephron tanto quanto e forse più della fidanzatina d’America (ormai rigonfia di botox), Meg Ryan. La prima sceneggiatura scritta dalla ex signora Bernstein, Silkwood , diretto da Mike Nichols, non aveva niente di sentimentale e vedeva la Streep interpretare la parte di Karen Silkwood operaia di un impianto nucleare che, in lotta con la sua azienda (la Kerr-McGee) per ottenere condizioni di lavoro decenti, venne misteriosamente trovata morta nel 1974. Ma come per Cher, comprimaria della Streep nel film e ancora non ritoccata dalla chirurgia, non fu la denuncia sociale a portare alla fama Nora Ephron, ma l’orgasmo più famoso della storia del cinema in Harry ti presento Sally (1989).

La scena del diner, dove la Ryan mostra a un allibito Billy Crystal che ogni donna sa fingere, è l’acme di un film concepito per diventare un fenomeno mondiale. Possono un uomo e una donna essere davvero grandi amici? Questa la domanda ammiccante a cui risponde (no) la storia di Harry e Sally. Successo che rese celeberrima la Ryan e – cosa assai più rara – rese nota in tutto il pianeta la sceneggiatrice (il regista è Rob Reiner), il film è il perfetto meccanismo a orologeria che qualsiasi scrittore vorrebbe concepire. Bello o furbetto che sia, Harry ti presento Sally è il perfetto racconto newyorchese post-alleniano che da Manhattan traghetta il Ventunesimo secolo venturo più dalle parti di Sex and the City.

Così come la Ephron è un po’ la traghettatrice tra il mondo dei circoli newyorchesi intellettuali delle Dorothy Parker e delle Susan Sontag a quello più leggero, ma pur sempre reale, delle Carrie Bradshaw, ma pure delle Diablo Cody e delle donne che parlano di loro stesse con humour e, se serve, un po’ di ferocia. Qualità che non si notano molto in Insonnia d’amore (1993) e C’è posta per te (1998), dove la Ephron passa alla regia e apparenta (con occhio al marketing) il suo nome a quello di due divi del momento, ovvero la Ryan e Tom Hanks. Da regista aveva diretto anche Nicole Kidman in Vita da strega e la Streep in Julie&Julia, l’ultimo film nel 2009, prima che la malattia le rendesse difficile lavorare.

Cibo, amore, sesso e femminilità: questi i temi della produzione della Ephron che in I remember nothing aveva di recente parlato dell’avvicinarsi alla fine della vita. La sua storia di scrittrice e sceneggiatrice racconta quindi anche la capacità (e la necessità) di una donna di posizionarsi in maniera riconoscibile in un universo prevalentemente maschile come quello del cinema, dove poche riescono a ritagliarsi il proprio angolo di potere codificando tematiche “di genere”. Così, anche se l’immagine pubblica la apparenta al suo clone biondo e romantico, la Ephron è più vicina per spirito alla combattiva Streep di cui era cara amica. E che ieri l’ha ricordata, non a caso, per la raffinatezza del pensiero, per il suo lavoro giornalistico, per “l’arguzia e la capacità di osservare”.  Anche il sindaco di New York, Bloomberg, ha ricordato la Ephron dicendo: “Ha sempre amato le belle storie di New York. Mancherà tantissimo alla città”. Dove viveva assieme al suo terzo marito, lo sceneggiatore degli scorsesiani Quei bravi ragazzi e Casinò Nicholas Pileggi, con cui era sposata da 25 anni.

Il Fatto Quotidiano 28 Giugno 2012

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