10 a Mario Balotelli – Quella posa da statua sul prato di Varsavia è davvero, retorica a parte, l’immagine simbolo dell’Italia che sarà. Anzi, che è già. Borghezio si starà mangiando il cappello come Rockerduck, ma SuperMario stasera è l’Italia. Mandiamolo a Bruxelles, alla Merkel ci pensa lui. Scacciacrisi.

9 ad Andrea Pirlo – Forse traumatizzato da dieci anni di battute berlusconiane nel ritiro del Milan, il ragazzo continua a non ridere. Ma se gioca così, chi se ne frega. Non sbaglia un tocco. L’unica cosa che ha sbagliato è il taglio di capelli, un mix tra Fabio Caressa e Mariastella Gelmini prima maniera. Ora comincia il balletto dei premi da assegnare a furor di popolo. Ma voi dategli un pallone, a farlo diventare d’oro ci pensa lui.

8 ad Antonio Cassano – Ce la siamo presa con lui per le boiate sugli omosessuali. Ma quando Fantantonio pensa a giocare non ce n’è per nessuno. A parlare è una pippa, non riesce a proferire frase di senso compiuto, è un tamarro che in confronto Checco Zelone è il Duca di Wellington, ma è un talento col pallone. Zitto e gioca.

7 al presidente della Figc Giancarlo Abete/Riccardo Billi – Un voto di simpatia e tenerezza, perché il fratello meno dotato della onnipresente famiglia romana (e l’altro è Luigi Abete, mica Albert Einstein) a metà partita si presenta puntualmente ai microfoni di Mamma Rai per ripetere la solita poesiola: “Si soffre, giochiamo bene, stiamo giocando contro una grande squadra”. Di più nin zò, diceva Martufello (che gli somiglia, peraltro). Si applica, ma i limiti sono evidenti.

6 al Paese – Che soffre, ha le pezze al culo, deve subire la qualunque da governanti improvvisati e partiti impresentabili. Che ha le sue colpe, immense, nel disastro che sta vivendo. E che però c’ha il calcio per evadere ogni tanto. E almeno quello, vi prego, non leviamoglielo.

5 a Francesco Pannofino – Ormai staziona vita naturaldurante nello studiolo Rai. Non fa niente di niente, ma da quando c’è lui l’Italia ha sempre vinto. La barba è incolta, gli occhi stanchi, l’attore-doppiatore vorrebbe tornare a casa ma evidente non può. Preoccupata la famiglia: ieri ha ricevuto una sua foto con in mano la copia del giorno della Gazeta Wyborcza.

4 ad Angela Merkel – Tifosissima della Nazionale tedesca, che stasera ha subito le due pappine di Mario Balotelli e i ricatti di Mario Monti. Italia e Spagna, sull’orlo del baratro, vanno in finale. La Germania è fuori dall’Euro. La palla è rotonda. Lei pure.

3 alle twitstars – Per 90′ hanno cinguettato cose senza senso e deliri di onnipotenza. Uno in particolare, giornalista affermato, parlava a nuora perché suocera intendesse. Calcio metafora del paese? No, Twitter metafora del paese: dilettanti allo sbaraglio, tuttologi che pensano di avere una frase intelligente per ogni cosa. Tornate all’abaco.

2 a Gianni Petrucci – Il presidente Coni a fine partita sbraca e, in preda a evidente delirio senile (ha 67 anni, 97 dei quali passati a gestire il potere sportivo) urla ai microfoni: “Sia chiaro, lo spread lo detta la nazionale di calcio”. Già sguinzagliati gli sherpa di Mario Monti per cercare di capire cosa avrà voluto dire. Si teme per la reazione dei mercati domattina. Levateje er vino.

1 a Bruno Gentili e Beppe Dossena – Ancora una volta pessimi commentatori Rai. Gentili non azzecca un nome nemmeno per sbaglio (Schweinsteiger è diventato Giuansgaiter); Dossena, sarà un limite personale, non si capisce. Stasera ha provato a spiegare qualcosa che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto unire basket e calcio. Roba di passetti laterali e cose del genere. Però, Dossena pare porti fortuna, quindi per stasera, ma solo per stasera, 10 all’Enigmista del commento tecnico.

0 per Gigi Buffon – Grande portiere, il migliore al mondo. Ma fuori dal campo ormai è la macchietta di se stesso. Al fischio finale è uscito imbufalito dal campo, senza spiegazioni, sbraitando contro l’universo-mondo. E’ un mix, meno credibile per giunta, tra La Russa, Sgarbi e Celentano. Rimanga tra i pali.

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