L’imponente Bruno Dorella è una figura centrale nel panorama musicale italiano degli ultimi due decenni, uno di quelli di cui non si potrebbe non parlare se si tracciasse una mappa di ciò che è stato e che è tuttora significativo. La sua verve espressiva straripante è sfociata nel corso degli anni in almeno tre band di assoluto valore, assumendo diverse forme e fattezze. Potremmo dire che gli OvO, in duo con Stefania Pedretti, rappresentano l’irruenza e la ritualità: la loro personale visione del noise ha a che fare tanto con i gruppi d’oltreoceano (non a caso hanno inciso qualche anno fa un paio di lavori anche per la Load) quanto con le frange nipponiche più rumorose. I Bachi da pietra, seconda incarnazione di Dorella, stavolta insieme a Giovanni Succi, sono invece la poesia, la scarnificazione, le viscere, l’essenzialità. Ed infine i Ronin, rivelatori dell’anima certamente più cinematografica ed immaginifica dell’uomo, che in questo caso si sposta dalla batteria alla chitarra: alle pelli allora troviamo Paolo Mongardi (da Jennifer Gentle e Zeus!) mentre alla chitarra Nicola Ratti ed al basso Chet Martino a completare il quartetto di samurai.

La musica dei Ronin è in larga parte strumentale e ci conduce prima in luoghi di frontiera, per lo più desertici, desolati e spettrali, e poi in mezzo al mare, a bordo di un vascello fantasma… Good Morning Captain! Se non fosse un termine oramai desueto la si potrebbe definire tranquillamente post-rock ed infatti è un mix di elementi riconoscibili di un passato non remoto: il far west morriconiano tex-mex che abbiamo ascoltato all’epoca con Calexico e Friends of Dean Martinez, la scuola slintiana di Louisville che da David Pajo, dai Rachel’s, dagli Shipping News porta fino alla Montreal dei Silver Mount Zion via Chicago, la passionalità e la malinconia dall’afflato storico e mitteleuropeo dei dischi solisti e solitari di Matt Elliott. Musica altamente descrittiva e che in Italia, a partire dallo scorso decennio, ha trovato naturale sbocco nel mondo delle sonorizzazioni di film muti dei primi del Novecento e delle colonne sonore cinematografiche: i Ronin, nello specifico, hanno realizzato le musiche originali di Vogliamo anche le rose, film uscito nel 2008 e diretto da Alina Marazzi ma molti altri brani della loro produzione sono stati utilizzati in contesti analoghi. Difficile consigliare un album della loro discografia. Certamente il primo omonimo del 2004, Lemming ed il nuovo ottimo Fenice sono tutti lavori soddisfacenti che lasciano spazio all’immaginazione, al sogno ed alla meditazione, tracciano solchi nel cuore e scavano le guance. In concerto venerdì 29 giugno al BOtanique di via Filippo Re.

A portata di mano la possibilità di una bella doppietta nella medesima notte bolognese considerato che all’XM24 di via Fioravanti 24 suonano gli Unsane, una delle classicissime e storiche band del noise newyorkese. E l’aspetto positivo della faccenda è che non è una reunion e men che meno tornano a mani vuote bensì con un disco nuovo di zecca, intitolato Wreck, che diciamo subito è sicuramente apprezzabile.

La leggenda nasce nella Grande Mela marcia di fine Ottanta. Alle origini del tipico sound roccioso, massiccio, angolare, claustrofobico, apocalittico dell’epoca e che accomunerà in primis gruppi leggendari come Unsane, Helmet, Cop Shoot Cop e tanti altri vi sono il punk, il post-hardcore e l’industrial noise abrasivi, taglienti e stridenti dei progenitori di inizio Ottanta: in particolare gli Swans di sua eminenza Micheal Gira ed i Big Black del piromane Steve Albini ma anche i Melvins di King Buzzo.

Gli Unsane esordiscono nel 1991 con un album omonimo che è rimasto uno dei classici dell’epoca, a partire dalla storica copertina che ritrae il cadavere di un uomo decapitato che giace sui binari della metropolitana. La tragedia diventerà realtà di lì a poco, soltanto l’anno successivo, quando Charlie Ondras, batterista della band, troverà la morte per overdose di eroina. Ci vorranno tre anni di attesa per il disco seguente, Total Destruction, e nella line up della band farà ingresso un nuovo membro che si rivelerà poi fondamentale in prospettiva, il batterista Vinnie Signorelli. Il sostituto del defunto Ondras era giunto proprio dagli Swans, portandosi dietro anche il produttore newyorkese per eccellenza dell’epoca che dalla no-wave conduce al noise ovvero Martin Bisi. Il 1995 è l’anno del passaggio alla Amphetamine Reptile, etichetta simbolo del periodo e di quella scena in virtù di un catalogo incredibile, comprendente i primi Helmet, Surgery, Cows, Boss Hog e molti altri. Per la label regina del noise gli Unsane pubblicano il terzo album Scattered, Smoothered & Covered. Altri dischi e cambi di etichetta e formazione hanno segnato la storia della band negli anni successivi ma il tipico e riconoscibile sound Unsane è giunto quasi intatto ai giorni nostri. Ed il cerchio si chiude perché il recente settimo album Wreck viene pubblicato nientemeno che dalla Alternative Tentacles del buon Jello Biafra. In apertura, prima di Unsane, si esibiranno Big Business e Lleroy.

Articolo Precedente

Dramophone, il teatro “in bicicletta” tra strade e luoghi di Bologna

next
Articolo Successivo

Di Gianni, Piccon e Andreassi: il documentario invisibile al Cinema Ritrovato (gallery)

next