Sembra uno Stato smandrappato. Ma quando si tratta di custodire un segreto nelle segrete stanze l’Italia ha una sua eccellenza di qualità asiatica, anzi cinese. Per diciannove anni – si è dunque scoperto – i molti governi di sinistra, di centro e di burlesque, hanno tenuto nascosto che 334 boss mafiosi, nell’autunno del 1993, vennero svincolati dal carcere duro del 41 bis, grazie a una “mancata proroga” siglata dall’allora ministro di Grazia e Giustizia, Giovanni Conso.
 
Utile a dare un “segnale positivo di distensione”, come parte della trattativa ultra segreta tra lo Stato e la mafia.
 
Per diciannove anni non se n’è accorto nessun magistrato. Nessun giornale. Nessun cronista. Nessun investigatore. Nessuna Commissione inquirente. Nessuna opposizione. Tutti partecipando – nei diciannove anniversari di ogni strage, quelle di Falcone e Borsellino in primis – a una commozione di copertura. Perché anche la retorica delle corone fiorite, delle bandiere a lutto, dei pennacchi schierati, dei messaggi ai parenti, serviva a occultare l’indicibilità del segreto. Che non serve solo a nascondere. Ma anche a rinsaldare legami e ricatti. Dai punti più oscuri dello Stato, fino al colle più alto.

Il Fatto Quotidiano, 23 giugno 2012 

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