Che impatto ha avuto sul fisco italiano la maxi truffa di Giulio Lolli, l’ex re della nautica riminese? Ben 40 milioni di euro sottratti al fisco italiano, grazie alla creazione di due società di comodo con sede legale nella Repubblica di San Marino ma attive in Italia. Negli uffici, nelle strutture e grazie al personale della Rimini Yacht spa.

Lo ha certificato il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza riminese, delegata dal sostituto procuratore di Rimini Davide Ercolani ad indagare sulla società di Lolli anche dal punto di vista dei riflessi fiscali (evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva). La Procura, su proposta della stessa Finanza, ha già disposto il sequestro di proprietà immobiliari riconducibili a Lolli per un valore di 2 milioni di euro. Le indagini appena chiuse erano state avviate dopo il sequestro, nel settembre del 2011, dei primi yacht battenti bandiera sammarinese, sequestrati perché usati in contrabbando nel mare territoriale comunitario da parte di cittadini italiani clienti, di fatto, della Rimini Yacht. Secondo i finanzieri, il bancarottiere Lolli- 46 anni, latitante per le Procure di Bologna e di Rimini, da oltre un anno vive libero a Tripoli– aveva creato e gestito in prima persona la “Rimini Yachts San Marino srl” e la “Trade & Rent srl” pur avendo come amministratore unico un prestanome sammarinese, selezionato ad hoc da un commercialista di Falciano (San Marino) che seguiva la contabilità di entrambe le società per conto dello stesso Lolli.

La prima società, interposta in maniera sistematica nelle operazioni di compravendita di imbarcazioni tra la Rimini Yacht (effettivo venditore) e le società finanziarie sammarinesi (effettive acquirenti), serviva a veicolare a San Marino i guadagni realizzati dalla vendita di ciascuna delle imbarcazioni cedute ai leasing di San Marino. Attraverso la triangolazione con la Rimini Yachts San Marino srl, Lolli ha potuto così occultare al fisco italiano, tra il 2007 ed il 2009, circa 27 milioni di euro di ricavi con un’evasione Ires di oltre un milione di euro, oltre all’Irap. La Trade & Rent srl, invece, era attiva nel noleggio di imbarcazioni da diporto disponendo a San Marino di una semplice stanza, completamente vuota, adiacente allo studio dello stesso commercialista sammarinese. Questa seconda serviva per evadere sia l’Iva sia le imposte dirette sui canoni di noleggio delle imbarcazioni da diporto locate a diversi clienti italiani, facendo figurare l’operazione come avvenuta a San Marino pur avendo gestito il tutto tramite la Rimini Yacht. Sempre tra il 2007 e il 2009, l’Iva evasa attraverso la Trade & Rent è stata pari a circa 850.000 euro, con ben 11 milioni di ricavi sottratti a Ires e Irap.

Ma come veniva garantito l’anonimato ai reali utilizzatori degli yacht, che evidentemente non erano in grado di giustificare con i propri redditi i canoni di noleggio da capogiro (dai 2 ai 35 mila euro al mese, a seconda dell’imbarcazione)? Spesso era lo stesso Lolli ad apparire quale conduttore delle imbarcazioni noleggiate, incassando personalmente i canoni dai clienti effettivi che poi andava a versare nei conti bancari della società sammarinesi: nel 2009 la Trade & Mark aveva addirittura emesso nei suoi confronti un’unica fattura di noleggio di imbarcazioni varie per oltre 7,7 milioni di euro.

Ma anche in questa storia non ci si è fatti mancare nulla. Ad esempio, le imbarcazioni fantasma, che Lolli era comunque riuscito a piazzare alle società di leasing sammarinesi ottenendone addirittura l’immatricolazione nel registro nautico di San Marino. Si tratta di costosissime barche che la Rimini Yacht ‘vendeva’ alla Rimini Yachts San Marino. La quale, a sua volta, le rivendeva alle società finanziare perché venissero concesse in leasing alla Trade & Rent. Ovvero allo stesso Lolli, da cui erano state appena acquistate. Intanto, proprio nel giorno delle rivelazioni targate San Marino sull’universo Rimini Yacht, la stesse fiamme gialle riminesi calcolano per il 2012 la fuga dei capitali dalla provincia di Rimini nel Titano.

Se in una tavola rotonda a Montecitorio tre mesi fa sulla fuga dei capitali all’estero è stato calcolato che il denaro esportato fuori dall’Italia legalmente, ma sempre più sui binari dell’illegalità anche attraverso i money transfer e le nuove tecnologie, era stato pari a quasi 2,3 miliardi nel corso del 2010 con un flusso di banconote che per il 75% si è diretto proprio tra Svizzera, San Marino e Lussemburgo, la Finanza di Rimini riporta che nei primi sei mesi del 2012 ammontano ad oltre 10,5 milioni di euro i trasferimenti di denaro eseguiti da contribuenti riminesi su conti correnti accesi nelle banche di San Marino. L’inchiesta, in questo caso, è della Procura di Forlì.

Ebbene, risultano centinaia i soggetti con domicilio fiscale nella provincia di Rimini coinvolti a vario titolo (persone fisiche, giuridiche ed enti non commerciali) per aver trasferito capitali oppure per avere disponibilità finanziarie nella Repubblica in violazione degli obblighi previsti dalla normativa che disciplina il monitoraggio fiscale (decreto legge 167/1990). Gli accertamenti svolti finora hanno permesso di concludere 31 attività ispettive (tra verifiche e controlli fiscali) eseguite nei confronti di altrettanti soggetti, consentendo di riscontrare numerose violazioni di natura amministrativa e tributaria. I finanzieri hanno constatato violazioni agli obblighi di monitoraggio fiscale per 10.576.097 euro ed elementi positivi di reddito non dichiarati per quasi 3,2 milioni. Scovati pure costi non deducibili per 34 mila euro, violazioni in materia di imposta sul valore aggiunto per 170 mila euro, Irap per 48 mila euro. Fra l’altro, sono stati scoperti anche quattro evasori totali. Le somme trasferite o investite nelle banche del Titano riguardano più che altro il sommerso d’azienda: compensi in nero, cessioni di quote aziendali, vendite di immobili transitate direttamente all’estero senza le previste comunicazioni fiscali.

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