A dieci giorni dal giubileo della regina e dal trionfo di bandiere del Regno Unito, ora è il turno della lunga marcia della torcia verso lo stadio olimpico. Ma le celebrazioni in vista dei giochi che partiranno a fine luglio sono troppo “british”, sostiene il primo ministro scozzese, Alex Salmond. Il quale, durante il passaggio della torcia fra Glasgow ed Edimburgo, ha pensato di boicottare a modo suo il fasto olimpico. Salmond ha assoldato dei “men in black”: attivisti vestiti di nero che hanno seguito il percorso distribuendo bandiere scozzesi, offrendo gadget della nazione che aspira all’indipendenza e che vuole un referendum entro il 2014 per staccarsi dal resto del regno, tappezzando di adesivi muri e muretti e offrendo tatuaggi temporanei a bambini e adulti. Con due colori: quelli della Saltire, la bandiera scozzese, appunto.

I laburisti scozzesi, tuttavia, ora attaccano Salmond: “Non siamo contrari alla nostra bandiera, siamo tuttavia contrari a un uso politico delle celebrazioni olimpiche. Il tutto a spese dei contribuenti”. Secondo il Labour di Edimburgo, Salmond avrebbe speso qualche migliaio di sterline di denaro pubblico. Non quindi una grande cifra, ma tanto per attirarsi le ire di chi nel Regno Unito ci vuole stare. Con un comunicato, il governo scozzese ha tenuto a precisare: “Visto che la fiamma olimpica ha attraversato la Scozia in lungo in largo e visto che comunque ben otto partite di calcio delle Olimpiadi verranno giocate nello stadio di Hampden, è stato assolutamente appropriato apportare un po’ di colore e di vita alle celebrazioni preolimpiche”.

Secondo il Labour, assolutamente “deprecabile” è invece stato l’utilizzo di bambini con le gote dai colori della Scozia. “E soprattutto – ha scritto il partito sul suo sito Internet – è assurdo che, in tempi di austerity come questi, vengano utilizzati soldi dei contribuenti per far sventolare qualche bandiera”. Già durante il giubileo, dieci giorni fa, Salmond aveva addobbato le principali città del nord del Regno Unito con il simbolo principale del martirio dell’apostolo Sant’Andrea, il patrono della Scozia. Un trionfo di bianco e blu, mentre giù a sud, a Londra, tutti indossavano quei colori che hanno sempre caratterizzato l’impero e che in Scozia in molti vedono come il simbolo dell’oppressore.

Anche quattro anni fa, quando a Pechino il Regno Unito portò a casa un numero record di medaglie, Salmond aveva tentato di cavalcare il momento, sostenendo che, nel 2012, cioè quest’anno, la Scozia avrebbe dovuto partecipare come una nazione separata. Proposito, però, subito criticato da Chris Hoy, un pistard scozzese forte dei suoi tre ori olimpici proprio in Cina, che disse che gli atleti di Edimburgo e dintorni avevano bisogno di maggior supporto sia tecnico che economico e che quindi non sarebbe stato conveniente, per la Scozia, correre da sola. Eppure, nonostante tutto, ecco quei “men in black” tanto criticati e assoldati da una società di marketing pagata dal governo scozzese. Poco conta per Salmond se anche il mondo dello sport si dice contrario. Alan Wells, sprinter e campione olimpionico in passato, è stato l’ultimo a portare la torcia a Edimburgo, tappa finale del tour scozzese. E, dopo la cerimonia, si è subito espresso a favore della Union flag, la bandiera dell’Unione. Così come ha fatto il parlamentare dell’assemblea scozzese Alex Johnstone, conservatore, che ha commentato: “La nostra bandiera è di tutti, non solo di una parte politica, tanto meno dello Scottish National Party. Dobbiamo essere orgogliosi di far sventolare il simbolo di tutto il Regno Unito. E il giubileo e le Olimpiadi ci hanno fatto capire che questa è la bandiera proprio di tutti, neanche della sola destra che io rappresento”.

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