La Casa Bianca si vince con il voto della classe media, ma la campagna elettorale si fa, soprattutto, con i soldi degli americani più ricchi. E’ il dato che emerge in questi ultimi giorni di campagna elettorale per le presidenziali Usa sempre più segnati dall’intervento massiccio di ricchi finanziatori e dalla guerra tra Barack Obama e Mitt Romney per impinguare i propri conti bancari di decine di milioni di dollari. Con il candidato repubblicano, ormai il prescelto della grande finanza e dell’industria, che pare avere la meglio. Nel mese di maggio Romney ha raccolto 77 milioni in finanziamenti elettorali, contro i 60 di Obama.

Proprio per cercare di tenere il passo con il rivale repubblicano, il presidente è sceso nelle ultime ore a New York. Prima di arrivare sulla East Coast, Obama si è però fermato in un community college di Cleveland, Ohio, dove ha spiegato che “se diventasse presidente, Romney cancellerebbe la classe media”. Ben altro ambiente Barack e Michelle hanno trovato a Manhattan. I due sono stati ospiti della casa del West Village di Sarah Jessica Parker (la Carrie Bradshaw di “Sex and the City”) e di suo marito Matthew Broderick. Alla cena, organizzata insieme alla potentissima (e sfegatata democratica) direttrice di “Vogue” Anna Wintour, hanno preso parte star del cinema, del design, della moda e della musica come Meryl Streep, Aretha Franklin, Kenneth Cole, Michael Kors, Millard Drexler. Prezzo di un posto a tavola: 40 mila dollari.

“Fare campagna è un’operazione costosa, e il presidente ha supporters in tutti i gruppi di reddito”, è stato l’imbarazzato commento del portavoce di Obama, Jay Carney, di fronte al montare delle critiche repubblicane nei confronti di un presidente che a parole appoggia la classe media e che, nei fatti, frequenta i ricchi e potenti (fuori della casa della Parker erano posizionati alcuni sparuti supporter repubblicani che esibivano cartelli con la scritta: “Carrie Bradshaw se la cava bene. Noi non così tanto”. E nei giorni scorsi il “New York Post” aveva mostrato una fotografia della cuoca dell’attrice che saliva sbuffando i gradini di casa). Dopo il gala del West Village, Obama si è comunque diretto verso il Plaza Hotel, per un’altra cena con star della canzone come Mariah Carey e Alicia Keys. Costo del biglietto: 10 mila dollari.

Se Obama mostra di rivolgere le sue attenzioni al mondo delle arti e dello spettacolo, Romney preferisce invece andare sul sicuro e guardare a Wall Street e all’industria. Nelle ultime ore la sua campagna ha fatto un vero e proprio “colpo”. Sheldon Adelson e la moglie Miriam hanno donato 10 milioni di dollari a “Restore Our Future”, il Super PAC che appoggia la campagna di Romney. Adelson, proprietario di casino e hotel la cui fortuna ammonta a circa 25 miliardi di dollari, era stato nella fase delle primarie repubblicane un accanito supporter di Newt Gingrich, cui aveva regalato 20 milioni. Tramontata la candidatura Gingrich, Adelson si è allineato alle scelte del partito e ha cominciato a foraggiare la campagna di Romney (i due, Adelson e Romney, si sono anche incontrati in un hotel di Las vegas, il Venetian, per dissipare passati rancori e fare un piano per il futuro). In un’intervista a Forbes, Adelson ha anche spiegato quanti soldi intende versare nella campagna repubblicana 2012: 100 milioni di dollari.

Si tratta di una somma enorme, che preoccupa i democratici e che rischia di incidere in profondità nel processo democratico. Del resto tutto il mondo dei miliardari conservatori (in prima linea, dopo Adelson, il texano Harold C. Simmons, e gli onnipresenti fratelli Charles e David Koch) appare impegnato a sostenere un candidato, Mitt Romney, che per il mondo della finanza e dell’industria americana può significare tagli alle tasse e ulteriore deregulation. Il loro pesante intervento nel processo elettorale è favorito dal fatto che – dopo la sentenza della Corte Suprema Citizens United – le grandi corporations possono finanziare in modo illimitato i Super PACS, gruppi privati che sostengono dall’esterno la campagna dei candidati. Di più. Le organizzazioni che si battono su questioni specifiche (tasse, aborto, sanità) possono essere foraggiate senza nemmeno dover presentare la lista dei propri donatori alla “Federal Election Commission”. E anche in questo settore miliardari come Adelson e i fratelli Koch stanno intervenendo pesantemente (i Koch hanno spiegato di voler raccogliere 400 milioni per i gruppi che si occupano di tasse e libertà individuali).

“La destra repubblicana è disposta a pagare qualsiasi prezzo per far eleggere Mitt Romney”, commenta Bill Burton, portavoce di un Super PAC, Priorities USA, che sostiene Barack Obama. La preoccupazione democratica nasce anche dal fatto che i liberal più ricchi (vedi George Soros) sono ideologicamente contrari ai Super PACS, e quindi piuttosto restii a farvi affluire i propri milioni. Il maggiore donatore a un Super PAC liberal è il produttore cinematografico Jeffrey Katzenberg che, a questo punto della campagna, ha donato due milioni di dollari. Una cifra molto più esigua rispetto a quelle dei suoi omologhi repubblicani. L’afflusso di denaro nelle casse della politica è stato comunque in questi mesi così prepotente che alcuni commentatori per esempio Ed Kilgore di “The New Republic”, paragonano l’attuale momento alla “Gilded Age”, l’età dell’oro di fine Ottocento dominata dal potere dei “baroni ladroni”.

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